Imposta di successione (e donazione): valore imponibile (di Giulia Bonazza e Pietro Bonazza)

 

Lo Stato, considerando che il trasferimento di ricchezza da un soggetto ad altro o altri beneficiari al momento della morte o disposizione della sua ricchezza, sia un momento suscettibile di imposizione tributaria, ha istituito un’imposta ad hoc risalente nel tempo e attualmente regolata con norme minuziose dal D.Lgs. 31 ottobre  1990, n. 346, che si può anche definire un sistema impositivo particolare nell’ambito delle imposte indirette.

Trascuriamo il caso di donazione e concentriamo l’attenzione sul caso successorio. La norma basilare è la determinazione del valore economico-patrimoniale del bene o dei beni del de cuius per l’intero o per le due componenti: nuda proprietà e usufrutto al momento di apertura della successione, tenendo conto che può riguardare valori pieni o, per somma, nuda proprietà e usufrutto, considerando l’art. 978 del cod. civ. che afferma:

«L’usufrutto è stabilito dalla legge o dalla volontà dell’uomo…», quindi può essere costituito anche in via testamentaria.

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Siano fatte le ipotesi di una eredità testamentaria soggetta a imposta (per esempio: il 4%) e che cadano in successione alternativamente:

  • a beneficio di un solo erede: un’immobile che vale 100 e rende un canone di locazione annuo di 5;
  • a beneficio di un solo erede: un’obbligazione che vale 100 e rende un interesse annuo di 5;
  • a beneficio di due eredi: un immobile di valore 100 locato per lunga durata e rispettivamente: ad A) la nuda proprietà valutata 80 e a B) l’usufrutto (canone di locazione) il cui valore 20 è determinato tenendo conto della tabella basata sull’età dell’erede (probabilità teorica di sopravvivenza) e sul tasso annuo teorico stabilito per legge.

Nel caso 1) è tassato in imposta di successione il valore 100 (e annualmente un’imposta sul reddito di 5);

Nel caso 2) è tassato in imposta di successione 100 come nel caso 1 (e negli anni successivi 5 ogni anno in imposta sul reddito).

Nel caso 3) il processo valutativo si sviluppa in 3 fasi: a) determinazione del valore del cespite (100); b) calcolo del valore dell’usufrutto in base alle tabelle di sopravvivenza e al tasso d’interesse annuo stabiliti dalla legge (20); c) per differenza tra a) e b), la determinazione del valore della nuda proprietà (80). La tassazione avviene separatamente per la nuda proprietà e l’usufrutto, affinché la somma dei due riporti al valore del bene completo (100). Si noti che il beneficiario ereditario usufruttuario non riceve un cespite, ma il valore attuale virtuale dei frutti futuri, il che è reso possibile dalla natura del bene fonte dei frutti, che però è destinato ad altro successore che riceve la nuda proprietà e paga a sua volta sulla stessa un’imposta di successione. La posizione dell’usufruttuario è però diversa perché paga l’imposta di successione sul valore convenzionale dell’usufrutto, anche se gli manca il bene capitale. Però, il problema si complica se, anziché un bene immobile o altro tipo di bene (per esempio un pacchetto di azioni), l’asse ereditario fosse costituito da un pacco di obbligazioni caratterizzate da una scadenza predeterminata dall’emittente. È ovvio che la determinazione del valore dell’usufrutto non potrebbe essere determinata dalle tabelle fissate dalla legge (o comunque non solo), ma in linea logica dal valore attuale delle cedole dei titoli e dal loro numero fino alla scadenza della minore delle due durate: la sopravvivenza del beneficiario determinabile in base alla tavola attuariale applicabile all’usufruttuario la durata delle obbligazioni, dopo di che si verificherebbe il consolidamento dell’usufrutto con la nuda proprietà ma questa situazione non è interessante ai fini dell’imposta di successione, che colpisce il valore bel bene al momento di apertura della successione quale sarebbe se permanesse ipoteticamente nella disponibilità del de cuius.

Invece, se l’eredità fosse di un pacchetto di azioni a reddito futuro incerto il processo valutativo dovrebbe svilupparsi partendo dal valore determinato in riferimento all’art. 16, comma 1, del TUS (Testo Unico Successioni 31/10/1990 n. 346), che prevede due diversi criteri secondo che trattisi di titoli quotati o non quotati:

  • per i primi l’art. 16 lett. a) prevede il criterio di valutazione alla media dei prezzi di compenso o dei prezzi fatti nell’ultimo trimestre anteriore all’apertura della successione;
  • per i secondi la lett. b) prevede la valutazione al patrimonio dell’ente risultante dall’ultimo bilancio.

I casi sopra esaminati sono caratterizzati da un asse ereditario nel quale immobili, titoli, rendite, ecc. sono devoluti unitariamente all’erede e i cui valori sono relativamente facili da determinare, sia se da valutare in riferimento a quotazioni borsistiche sia se in riferimento al patrimonio netto dell’emittente. Il problema si complica in apparenza nel caso di uno stesso bene sul quale concorrono separatamente due eredi: uno per la nuda proprietà, l’altro per l’usufrutto.

La regola fondamentale sopra richiamata è che il valore del bene (si noti: il valore del bene, non l’imposta) è determinato dalla somma di nuda proprietà devoluta all’erede A + il valore dell’usufrutto devoluto all’erede B, quindi due diversi soggetti passivi che scontano separatamente la propria relativa imposta di successione e ognuno è responsabile per la propria parte, ma solo nei loro rapporti interni. Si ricordi che entrambe le due parti dell’unico bene (azione) devono essere determinabili ed esistenti con certezza al momento di apertura della successione. L’imposta di successione è pretesa dal Fisco sul valore del bene all’apertura della successione, valore del bene che è determinabile secondo le regole ordinarie e cioè in riferimento alla media dei prezzi di compenso o dei prezzi fatti nell’ultimo trimestre anteriore all’apertura della successione, se si tratta di azioni quotate, oppure in base al patrimonio netto dell’ultimo bilancio approvato dell’emittente se si tratta di azioni non quotate. Però, poiché nudo proprietario e usufruttuario rispondono separatamente, ma non nel rapporto con il Fisco, solidalmente ognuno per la propria parte, l’Agenzia delle Entrate calcola le imposte su ciascuna quota (nuda proprietà e usufrutto) applicando le aliquote e le franchigie pertinenti ai singoli eredi e invia solidalmente l’F-24 a tutti gli eredi per l’importo totale dell’imposta di successione e lo invia per l’importo totale anche a coloro che non avrebbero alcuna imposta da versare per effetto delle aliquote e delle franchigie pertinenti. Questi ultimi sono comunque obbligati solidalmente al pagamento, salvo il diritto di rivalsa interna sugli inadempienti.

 

Giulia Bonazza – dottore commercialista

Pietro Bonazza – dottore commercialista