A inizio inverno, finita la sarabanda delle elezioni statunitensi, gli allibratori hanno avuto intenso lavoro nei loro botteghini per una valanga di scommesse sull’economia 2001: tasso di inflazione, crescita del Pil, disoccupazione, cambi, in Italia, in Europa, in America, in Giappone, forse anche in Tuvalu (10mila abitanti, liberi e sovrani). Una specie di agenzia bancaria, di ufficio postale, insomma: di bisca con tanto di sportelli e targa delle funzioni. Ancora più curioso il pubblico degli scommettitori: economisti, analisti finanziari, manager di investment bank, capi di stato in fibrillazione per imminenze elettorali, direttori di banche centrali, Banche mondiali, Bri, Fmi, Oece, Fao, Wto, un profluvio di sigle e acronimi, di cui l’uomo della strada con distaccata superiorità vuol ignorare l’esistenza, forse perché non ne sente il bisogno. A suonare la grancassa delle previsioni ha contribuito a Roma anche il Dpef, varato in collegamento alla Legge Finanziaria e, purtroppo, con l’inizio di una campagna elettorale, di cui la lettura dei conti pubblici, consuntivi e preventivi, è sempre strumento di propaganda. Per l’Italia i dati si inserivano tra due punti di riferimento: il PIL nazionale 2000 al 2,8% e l’annunciata crescita al 3,5% (Ocse) dell’economia europea, promossa a locomotiva in sostituzione della recedente americana. Il Dpef nostrano, con al seguito interessati istituti di ricerca, davano per il 2001: Pil al 2,8%, inflazione all’1,7%, Deficit/Pil -1,1% e Debito pubblico/Pil al 106,6%. Il primo a storcere la bocca fu il Governatore Fazio e riserve vennero dal Ragioniere generale Monorchio, dalla Corte dei Conti, dalla Ue. Ovviamente il Dpef non rimase senza difensori: Visco e Amato, pur dibattendo tra loro, ne sostennero la concretezza. Poi si scoprì che i due punti di riferimento erano sbagliati: il Pil 2000, complice il solito trucchetto contabile, sarebbe inferiore al 2,8% e la crescita dell’Unione Europea deve essere rivista al ribasso. Da qui la solita commedia della revisione dei dati previsionali e un nuovo balletto di cifre, quasi sempre incomprensibili persino agli specialisti. È inutile fare ulteriori previsioni di dati; ma, se ci si accontenta della tendenza, non si può tacere che la crescita del Pil potrebbe inferiore allo stesso dato corretto in 2,3% e l’inflazione reale superiore al 3%. I rapporti Deficit/Pil e Debito/Pil peggioreranno per conseguenza. Quindi, smentiti i dati italiani, ma anche quelli europei e l’ottimismo di Issing, capoeconomista della Bce. Soprattutto smentita la previsione di quelli che aspettavano la crisi Usa per rilanciare l’economia europea, dimenticando che nella Ue la locomotiva è la Germania, sua volta condizionata al buon andamento dell’economia Usa; come a dire: un circolo vizioso. Questo è il quadro, tutt’altro che allegro, che, sul Pil e il controllo dei conti, lascia spazio solo all’ironia, così… tanto per sopravvivere. Richiamo due maestri, purtroppo scomparsi. 1) Il 16 febbraio 1993, “ItaliaOggi” pubblicò un corsivo di Filippo Ponti, con titolo “La ripresa americana è drogata dai cicloni”, in cui l’esperto di economia internazionale analizzava il dato della crescita del 3,6% attribuita ai due trimestri del ’92 dell’economia Usa. Scriveva: «… più della metà della crescita viene letteralmente da un disastro, ovvero i molti miliardi di dollari erogati a vario titolo alla collettività per compensare i danni causati dai due cicloni Andrew e Iniki e per cicatrizzarne le conseguenze, voci che, per la contabilità nazionale, confluiscono nel calcolo del prodotto interno lordo. » Chiunque sia il prossimo premier post elettorale, avrà un’eredità dura da gestire in Italia e speriamo che, per dare una spintarella al Pil, non gli venga in mente di invocare un qualche disastro eccezionale, ché già ne abbiamo di ordinari a ogni stagione. 2) Al ministro del Tesoro Visco, sempre pronto a dichiarare che i nostri conti sono “sotto controllo”, posso ricordare che Popper, in un famoso convegno sul problema della razionalità nella politica, tenuto a Torino nel 1983, introdusse la sua relazione con questo apologo: “Benvenuti a bordo del primo volo completamente automatizzato. Non c’è nessun pilota ai comandi, nessun equipaggio al vostro servizio. Non avete bisogno di allacciarvi le cinture di sicurezza, perché anche il più piccolo errore sarà prontamente corretto da un sistema di controlli elettronici. Tutto è sotto controllo. Tutto è sotto controllo… Tutto è sotto controllo… Tutto è sotto controllo…” Il cronista riferì che il pubblico, dopo un attimo di sconcerto, si sciolse in fragorosa risata, forse perché si compiacque di non essere a bordo di un simile aereo! Ridiamo!

Articolo pubblicato su “ItaliaOggi” del 16 marzo 2001.