Per le scienze dello spirito, così tanto per dirla con il filosofo Dilthey, il cuore è un’invenzione moderna. Nell’antichità, i filosofi parlavano di anima, di spirito, di intelletto, confondendoli o distinguendoli, ma ciò non è rilevante. I moderni hanno scoperto che il “cuore” è un muscolo, intercambiabile e persino surrogabile con apparecchietti più o meno ingegnosi ed elettronici, ma, avendo mandato all’ammasso: anima, spirito e intelletto, e non sapendo dove collocare quel tot che non è solo pneumologia o circolazione sanguigna, hanno messo quel residuo nel “cuore”, non certo per imitazione di De Amicis, che parlava di cuore ma intendeva altro. Poi fu scoperto dagli inventori dei bigliettini nei “baci di cioccolato” e delle feste laiche, tipo San Valentino e fu una inflazione di cuori, infranti, affranti, grondanti e mendicanti. Da ultimo venne il fatidico 1994 e una scrittrice di Trieste ha dato alle stampe un libro intitolato “Va’ dove ti porta il cuore”. Noi sappiamo che la fortuna editoriale di quel diario ha portato il cuore della Tamaro in banca… e il conto, stando alle tirature, se lo è meritato. È nato persino un nuovo modo di dire, che subito i grandi imprenditori, quelli che costituiscono i “poteri forti”, precisi e perfettisti come sono, per natura e deformazione professionale, hanno subito completato in “Va’ dove ti porta il cuore e il portafoglio… passando per la cabina elettorale”. Il che consente di dire che la democrazia è un regime politico fondato sul cuore.