Se in una collettività fossero tutti ricchi, si potrebbe verificare che tutti si sentano poveri e non sarebbe un paradosso, perché potrebbero diventarlo effettivamente.

L’economia può essere tutto ciò che si vuole, ma in nessun caso può essere statica ed uniforme. All’econodromo si vedono cavalli campioni, brocchi e drogati, mai eguali; se no chi ci andrebbe e chi scommetterebbe?

Il mercato non ha niente di nobile, è solo un botteghino o una sala corse più o meno affollata. Non si dice infatti: i titoli della scuderia degli eredi dell’Avvocato, dell’Ingegnere, del Capomastro?

Ora, noi vediamo da parecchi mesi uno scenario di stasi dell’economia mondiale: azioni già big blu, che si stingono in bigio celeste; produzioni in rallentamento; monete senza vivacità; stanchezza ovunque, dei consumatori, dei produttori, dei venditori, persino degli economisti, in genere così loquaci e pronti a dispensare consigli e ricette.

I più coraggiosi si limitano a consigliare il solito placebo della manovra sui tassi d’interesse. Lasciamoli ai loro giochi da giardino d’infanzia. Ci vuol altro: una sferzata, una scarica elettrica ad alta tensione. E non è un modo di dire, perché è proprio di elettricità di cui avrebbe bisogno l’economia mondiale per tornare a tirare e rendere i poveri meno poveri a costo di pagare il prezzo di rendere i ricchi più ricchi, che poi è l’altra faccia della stessa moneta.

Sarebbe la fine delle guerre, che da sessant’anni hanno come obiettivo non dichiarato il general petrolio e con esso: elettricità o fonti energetiche o convertitori calorici che dir si voglia. Sarebbe la fine del terrorismo che si finanzia con i barili e i brent. Vi sarebbero nuovi tipi di guerre, ma forse più politiche e ideologiche e meno economiche. Magra soddisfazione, ma scenario più chiaro.

 

Pietro Bonazza