(Nota bene: avendo assolto il diritto-dovere di votare, chi scrive ritiene di avere anche il diritto di parola)

Sono rari i casi di pasticcioni, che, dopo aver commesso un errore, si astengono dal perseverare. In politica poi è la regola, non per coerenza con sé stessi o per contrarietà al detto di Francesco Petrarca che “è saggio mutar consiglio”, ma perché spesso l’errante non si accorge del suo errabondare.

Prendiamo l’esempio di Fini e Follini, che hanno fatto la figura del “gatto e la volpe” ai danni del povero Pinocchio Tremonti. Vuoi che si siano accorti di aver fatto una “cavolata”? Macché! A parte l’annaspante Berlusconi, sempre più simile a un gorilla di montagna che affronta ogni giorno l’avversario (in questo caso non si sa se in casa o fuori) picchiandosi pugni sul petto per intimorirlo senza vera intenzione di scontri sanguinosi, quei due, che ormai sono un duo, continuano a invocare il risultato elettorale (come la sinistra, guarda caso!), ma nessuno si chiede perché quell’esito è stato quel che è stato. È vero che dovrebbe essere Berlusconi a chiederselo per primo, ma quando mai troverebbe il tempo, poverino, tra una sceneggiata e l’altra sul set internazionale, problemi di conflitto di interessi, contrasti con la magistratura e la Guardia di finanza, i conti del Pil che non tornano e quelli del debito pubblico che ritornano!

Di interpretazioni sui risultati elettorali, ne sono state proposte tante, a destra e a sinistra e tutte sbagliate nel tentativo di “darla a bere” agli italiani, compresi quelli che, invece di fare il proprio dovere nella cabina elettorale, hanno preferito pomiciare sotto l’ombrellone a due piazze. Non mi pare che sia stato posto il problema: perché hanno preferito il mare? Ma chi sono e perché si sono “rotti” con le chiacchiere, le gigantografie grandi come trompe-l’oeil, le sparate televisive e telefoniche? La risposta è semplice: sia per il “chi” e sia per il “perché”. Hanno preferito il mare soprattutto i lavoratori autonomi (professionisti, piccoli borghesi ecc.), che in Italia sono centinaia di migliaia e che non dispongono solo del loro voto personale, ma hanno anche un ascendente sui loro clienti, ai quali rivolgono critiche quotidiane con dati alla mano sulla gestione tecnica dell’amministrazione pubblica e così le centinaia di migliaia possono diventare milioni di voti sparsi e persi tra le sabbie dei lidi. Facciamo l’esempio dei commercialisti. Avevano nella memoria gli atteggiamenti sprezzanti di Visco, ma poi hanno constatato che il Tremonti nulla aveva fatto per migliorare il rapporto con i contribuenti, lasciati in pasto, invece che all’Amministrazione, al “Grande Fratello” informatico pieno di buchi, dietro il cui paravento si nasconde l’inefficienza. Sai come è più forte l’alibi di poter dire al contribuente che non è più colpa dell’impiegato improduttivo se le pratiche non marciano, ma del cervellone informatico centrale. Chi è questo tiranno, questo moloch, questo drago? Nessuno lo sa. E allora con chi prendersela? Ma davvero pensava il Tremonti che bastasse fare proclami sui massimi sistemi, sulle riforme del sistema fiscale, lanciate in faccia ai professionisti come slogan elettorali? Ridurre le tasse! Ma chi ci crede più? Chi ci ha mai creduto? Solo l’evasore riesce a ridursi le tasse! Perché l’evasione può diventare un bricolage fiscale. E che cosa pensa il Fini? Di essere meglio di Tremonti, che di difetti ne ha tanti, ma ci mette la faccia? E il Follini? Evidentemente in loro è prevalso l’intento di conservare i voti elettorali con una politica economica statalista e assistenzialista, che alla fine darebbe un risultato contrario all’obiettivo sotteso. E poiché è il momento in cui ognuno deve assumersi le proprie responsabilità, finiranno per perdere voti e farne perdere ai compagni di viaggio. Avverte un vecchio proverbio cosacco che è folle cambiare cavallo quando si è in mezzo al fiume. Loro l’hanno fatto e, invece, di tenersi il Tremonti nel momento più difficile del guado, hanno preferito scaricarlo e sostituirlo nella soma. Cosicché alle prossime elezioni, gli elettori non potranno chiedere il conto all’ex ministro valtellinese, ma proprio a chi lo ha defenestrato e sostituito con un tecnico come Domenico Siniscalco (notizia dell’ultima ora), che non risponde mai politicamente. Che faranno i due quando il ministro Siniscalco, se vorrà dimostrare indipendenza, dirà che “tecnicamente” si deve fare così e… così? E se, non dimostrando autonomia non dirà niente, quel silenzio non sarà assordante nel suo significato evidente che certe cose le hanno volute gli altri? Tremonti avrà forti argomentazioni politiche alle prossime elezioni. Altro che Pinocchio! Se questa della prima metà di luglio è politica intelligente! Quali possano essere le vere motivazioni non dichiarate del duo, Machiavelli non li avrebbe voluti nemmeno come aiutanti scrivani! E per rimanere nel settore fiscale, che ha fatto Tremonti e che farà il Siniscalco per risolvere il problema dell’Irap dei professionisti? Bastava una circolare. Invece, l’Amministrazione finanziaria, consenziente il ministro, ha ridotto l’interpretazione della sentenza 156/2001 della Corte costituzionale a una esenzione per il ciabattino e per il professionista che non fa la professione. Sono tre anni che viene sbandierata la promessa di rivedere l’Irap, ma l’invenzione di Visco permane intatta, segno che al Tremonti, nonostante le accuse rivolte al suo predecessore, andava bene così. E il suo successore che farà? Farà anche lui proclami sulla riforma del sistema fiscale? Non sarebbe nemmeno originale!

Per non parlare dei vari sistemi di trasmissione “Telemaco”, per cui ogni Camera di commercio è una repubblica a sé stante, con conservatori del registro delle imprese, che sembrano ras locali di un impero etiopico senza Negus. Che ci sta a fare il Ministero delle attività produttive, che, tra l’altro, in tre anni non è stato capace di elaborare una politica energetica e non ha saputo varare un legge che completasse, o anche sostituisse, i decreti Letta e Bersani, del precedente governo? Per non parlare, ancora, di ciò che ci ha regalato quell’altro insigne giurista: Vietti, sottosegretario alla giustizia, che ha voluto impicciarsi oltre che di diritto societario anche di riforma delle professioni.

Sono solo piccoli esempi che dimostrano come un professionista delle attività economiche sia da tre anni più sconcertato di prima, intanto che questi pervenu della politica si dilettano in esperimenti di riforma, però senza fare il necessario.

Questi professionisti, se avevano dato il loro voto al Berlusconi tre anni fa, hanno preferito il mare nel giorno delle elezioni. C’è da stupirsi, se, magari, hanno qualche nostalgia di un Ministro Bassanini?

Berlusconi non ha ancora capito che i voti non sono usucapibili e che molti dei suoi elettori non si aspettavano riforme eclatanti e rivoluzionarie, ma una politica attenta all’ordinario, al giorno dopo giorno. Non ha capito che nessuno si aspetta più di cambiare la Costituzione, ma si accontenterebbe di una vita sociale ed economica semplicemente più fluida. È evidente che i suoi due avversari “in casa”: Fini e Follini, hanno capito ancor meno di lui.

Resta una soluzione: usare le cabine da spiaggia come cabine elettorali. Non si sa mai che dopo una immersione nella broda mediterranea qualcuno dei tanti delusi si ricordi di votare tra un cambio e l’altro del costume da bagno. Ma anche così non è certo che poi non voterebbero scheda bianca, che è un giudizio politico ancor più espressivo dell’astensione.

(Pietro Bonazza)