La democrazia è una catena: la correttezza politica genera fiducia, questa la solidarietà e minori costi sociali, fino a instaurare una prassi che, liberata da incrostazioni marxiane, è un dinamico modus vivendi, brodo di coltura per riforme economiche e sociali.

Il Nobel per l’economia Kennet J. Arrow dedica, nel ’74, una riflessione alla “fiducia” e, partendo dalla sua natura di valore morale, ne constata l’importanza pratica, che gli consente di iscriverla nella categoria dei beni economici, perché è: “un importante lubrificante del sistema sociale. è molto efficiente: poter contare sulla parola degli altri consente di risparmiarsi molti fastidi. La fiducia, e altri valori simili, come la realtà e la veracità… sono dei beni, delle merci. Hanno un valore reale, pratico, economico. Accrescono l’efficienza del sistema, e vi mettono in grado di produrre più beni, o più di un qualsiasi valore voi stimiate[1]  . Non, quindi, mercificazione dei valori, ma constatazione che il “buono” può produrre il “bene”. Il filosofo Hans George Gadamer in un saggio dello stesso anno, auspica che: “Passando attraverso la società borghese potrà essere trasmessa alla società mondiale del futuro l’eredità culturale dell’occidente, che oggi non può certo più limitarsi a forme più o meno borghesi o piccolo borghesi di godimento e di compensazione di fronte ad una realtà opprimente” e afferma che: “la prassi è trattenersi e agire nella solidarietà. La solidarietà è perciò la condizione determinante e il fondamento di ogni ragione sociale”  [2]. 

è sconfortante constatare che fiducia e solidarietà non siano ancora diventate prassi, almeno in Italia, preda della corruzione, che è solidarietà negativa, prosperata sull’asse imprenditore-burocrate-politico, di cui i processi di Tangentopoli hanno solo sollevato il coperchio, tant’è che continua a imperversare nel 2010, dopo anni da quella stagione giudiziaria, che colpì alcune manifestazioni finali, ma non le cause, che in gran parte sono nel sistema politico-burocratico. Basta porre la domanda: che bisogna c’è di corrompere i burocrati, se l’amministrazione dello stato è corretta, fluida e tempestiva? Cosicché nel popolo italiano, già scettico per vicissitudini storiche, si è acuito il senso della “sfiducia”, con i costi sociali e le dispersive inefficienze rilevate da Arrow. E poiché ogni male genera sciamani, l’ulteriore rischio è il mercato delle ricette, che in politica tiene la sua fiera soprattutto nelle ricorrenze elettorali svolte all’insegna della vuotità mistificata dai mass media, specie televisivi.

In tali condizioni vince la sfiducia, che, diversamente dalla prudenza, non è certo un valore. All’ablazione della “s” bisognerà arrivarci, se si vuole che le riforme, che poi sono più semplicemente abolizione di riforme sbagliate, abbiano successo. Risanamento della spesa pubblica, recupero dello spirito d’intrapresa e rilancio dell’economia, soppressione del malcostume e della corruzione, riduzione del debito pubblico, ricostituzione dello spirito di unità nazionale, compatibile con un concetto di corretto federalismo, sono obiettivi che non hanno alcuna probabilità di realizzazione senza il recupero della fiducia come valore morale; quello economico verrebbe di conseguenza.

In un’epoca, che sembra riservare peso rilevante agli aspetti economici, l’economista attento alla psicologia sociale ci avverte che la fiducia è componente non secondaria di scelte e comportamenti. Politica monetaria e mercati borsistici e le loro variabili più evidenti: tassi d’interesse e di cambio, pur dominati dalla relatività del breve termine, vivono sull’affidamento che qualcosa di prevedibile accada. In economia la previsione è dominante e si è più volte constatato che, se gli operatori, in primis i consumatori, gli households, cioè i capifamiglia, ritengono che qualcosa debba accadere, il qualcosa finisce per accadere. L’inflazione ne è un chiaro esempio. Se tanti, non necessariamente tutti, prevedono che nel prossimo anno il tasso di inflazione sarà (x+y) rispetto all’x di oggi, molto probabilmente, per un processo di anticipazione legato alla previsione, già oggi stesso al tasso corrente x si aggiungerà un tot, che lo farà salire a un approssimativo (x+y). Perciò, non un destino cinico e baro, non il determinismo materialistico fanno la storia, invece, la storia la fa l’uomo e non poche pagine con la fiducia e la solidarietà.

La recente e ancora dominante crisi economica mondiale del 2008 è un chiaro e attuale esempio degli effetti devastanti della mancanza di fiducia. La liquidità monetaria, già abbondante in precedenza, improvvisamente sparì, ma il motivo è noto: la liquidità è in gran parte costituita da scambi e saldi interbancari, cioè da scambi crediti-debiti tra banche. Le prime notizie di fallimenti di aziende di credito negli Stati Uniti agli inizi del 2008, tra cui il colosso tra le investment bank Lehman Brothers, determinarono un tale panico, che congelò la circolazione interbancaria, mandando in crisi di tesoreria molte aziende di credito anche europee, talché sia la Fed negli Usa sia la BCE in Europa furono costrette, per evitare il peggio, a massicci interventi di politica monetaria per rifluidificare il sistema e recuperare la perduta fiducia.

Allora: è evidente che la fiducia è un bene economico, ma come ha avvertito Arrow, non si compera al mercato, perché è il carburante del mercato. Come accade per la libertà: la fiducia si apprezza quando la si perde.

 

 

[1]  “Fiducia” è un concetto ricorrente in Arrow, che lo espresse in altri suoi testi e articoli. Nel 1987 scrive: «La fiducia non è un bene che possa essere acquistato facilmente. Se lo comperi, hai subito qualche dubbio su ciò che hai acquistato. La fiducia, come la lealtà o la sincerità aumentano l’efficienza del sistema ma non sono merci per le quali lo scambio nel mercato è tecnicamente possibile o abbia un significato».

[2]  H.G. Gadamer, Che cos’è la prassi? Le condizioni di una ragione sociale, nella raccolta “La ragione nell’età della scienza”, Genova, 1982.