Temo gli –ismi, anche quando sembrano buoni.

Talvolta penso che Darwin sia un ferrovecchio per gli evoluzionisti. Si salva solo perché i postcomunisti ne hanno fatto una bandiera e lo hanno eretto a simbolo.

Darwin era un acuto osservatore, un naturalista attrezzato e serio, ma, lui per primo, non si sentiva propugnatore di leggi di natura.

Osservo che archeologi, paleoantropologi e persino biologi, trovando un frammento d’osso o poco più, affermano una catena evolutiva che rappresentano con sequenza di disegnini che iniziano da uno scimmiotto della dimensione di uno scimpanzé e, attraverso vari stadi, arrivano all’attuale homo sapiens sapiens (il secondo sapiens non è più di moda!). Sembrano fotogrammi di un film d’azione, ma poi gli stessi scienziati ammettono che manca un anello (il cosiddetto “anello mancante”). Non sanno nemmeno spiegare perché l’evoluzione delle scimmie si sia fermata, perché l’uomo di Neanderthal si sia estinto. Costruiscono ipotesi, il che, nonostante il Newton dell’ypotheses non fingo, è certamente commendevole, se non che spesso dimenticano di precisare che sono solo ipotesi e le vendono come “frumento secco”. In molti casi la ricerca del sensazionale tende a sollecitare l’erogazione di fondi pubblici per la ricerca, in altri si tratta di eccessivo entusiasmo di ricercatori in buona fede, in altri ancora di ingenuità. Insomma, per essere seri bisogna prima essere prudenti e anche Darwin lo era.

Si ripete la storia di Galileo che aveva certamente ragione, ma la Chiesa non aveva tutti i torti a pretendere che desse le prove della sua intuizione, prove che ancora non poteva produrre. Buon per lui e per noi che, dopo, l’evoluzione della tecnica riuscì a trovarle, ma quante migliaia sono i casi in cui le teorie intuite finiscono per ingrossare i magazzini delle tesi errate? Ovviamente, questa considerazione non assolve la Chiesa dal suo peccato di fanatismo, seppur datato; che poi è perdente anche sul piano politico, perché, impietosa nemesi, le resta sempre appiccicato e incancellabile, nonostante il dilagare del perdonismo. Ognuno si porti il peso delle proprie colpe!

Ora, personalmente non sono un sostenitore della teoria della creazione ex nihilo, ma certo evoluzionismo più ideologico che scientifico non mi attira, perché non aiuta il vero progresso della scienza, che non accetta preconcetti di alcun genere e tanto meno ideologici.

Non intendo nemmeno negare l’importanza di tanta tenacia negli studi sulla evoluzione dell’uomo, anzi, conoscere le nostre radici è importante, anche se il progresso scientifico non si accelera né migliora per effetto di una scoperta di alcun “anello mancante”; invece, ciò che più conta è l’evoluzione spirituale dell’uomo, la sua crescita morale, il miglioramento delle istituzioni, il rispetto di se stesso e la capacità di porsi in ascolto e in sintonia con il ritmico respiro del creato, che pulsa davanti a noi indifferente al nostro anfanare sull’origine dell’uomo. Questo sarebbe un vero umanesimo, comune denominatore per credenti e non. Che, poi, l’uomo sia l’animazione di un blocco plasmato di fango o il risultato di una lunga evoluzione a partire da una proteina, cambia di poco. Se quest’ultima è il punto di partenza, allora tutta la natura avrebbe un denominatore comune e parlare di “anello mancante” sarebbe una palese contraddizione. Bisognerebbe, invece, pensare di più all’evoluzione che sarà, che non a quella che è stata. Ma, su un futuro migliore c’è da esser scettici, considerando che l’uomo è figlio di Caino, a partire dal quale non c’è alcun “anello mancante”, purtroppo. Penso che anche Darwin potrebbe convenire. Gli evoluzionisti, soprattutto se agitano bandiere, forse no.

Spero che l’arte ci salverà, perché anch’essa non soffre di alcun anello mancante con la bellezza.