Quando vuol riposarsi dalle quotidiane fatiche di scrivere articoli di politica, brevi ma efficaci, sul giornale “Italia Oggi”, che dirige da anni con la nota maestria professionale, Pierluigi Magnaschi si concede una digressione sulla “Libertà” di Piacenza. Potrebbe scegliere altri fogli, ma la “Libertà”, oltre al titolo emblematico, è il giornale diffuso nei luoghi della sua giovinezza. Le definisce “amarcord”, evocando Fellini, ma sono memorie dei suoi e nostri anni Cinquanta, quando il mondo era ancora prevalentemente rurale e la civiltà contadina, con le sue povertà, ristrettezze mentali, ma anche di grande cuore e immediatezza di spirito, si preparava alla sua uscita di scena per far posto al dilagante mondo della post-modernità attuale. Magnaschi ripesca nella sua  ferma memoria e ne fa ricordi comuni a chi quegli anni li ha vissuti. Non sono singoli fatti, che in sé potrebbero avere scarso significato, ma riflessioni su ansie e ambizioni, che i quindicenni di allora sentivano istintivamente come attesa del proprio futuro. Si spiega così perché quei ricordi diventano storia di una generazione, che ambisce a varcare i confini di un paese e di una provincia e pensa al futuro, programmandolo, immaginandolo e anche vivendolo in anticipo. Perciò, sono ricordi senza nostalgia, perché colgono non una stagione statica da mondo agreste e per povertà diffusa poco bucolico, ma la sensibilità di molti giovani di capire l’evoluzione in atto verso il nuovo, che però non si poteva attendere come un regalo dall’alto, ma bisognava andare a cercarselo dove già era in atto.

“Libertà” del 15 gennaio 2011 pubblica un racconto (ma è un ricordo autobiografico) del Nostro, che già nel titolo rivela lo spirito dei giovani di quei tempi andati: “L’importante era fuggire“, perché abbandonare il proprio luogo natio, che ti va stretto, per cercare il nuovo implica il coraggio di affrontare l’incertezza su nuovi itinerari della vita. Scrive Magnaschi: “Sognavano di vivere nelle grandi città dove avrebbero potuto misurarsi con idee nuove” e ancora: “Le lingue si imparano se hai voglia di fuggire, di misurarti con gente diversa, con culture differenti“.

Si potrebbe dire che in tutte le generazioni ci sono stati e ci sono italiani migranti in cerca di opportunità e di migliori condizioni di vita, ma è raro che lo stimolo venga dall’ansia di vivere “nuove idee”. Magnaschi appartenne a questa élite e ha raggiunto l’obiettivo, ma sotto sotto, i suoi anni Cinquanta continua a viverli, perché mantiene la forza di continuare a cercare il nuovo. D’altra parte, Dante da secoli ci rappresenta la coraggiosa proiezione verso il nuovi nel famoso XXVI canto dell’Inferno e, come dice un filosofo: “è la novità che fa andare avanti il mondo. L’amore serve solo a tenerlo popolato”.

Solo così la vita è una continua giovinezza.