Nel novembre 2004 si sono svolte le elezioni in America. Gli americani, con sorpresa, hanno scelto a larga maggioranza Bush. Kerry è rimasto con la testa chiusa tra due ante e sembra una sogliola. A ben guardarlo, doveva essergli già accaduto almeno una volta. Si vede che anche l’estetica ha avuto la sua importanza nel momento del voto. La scelta espressa nelle urne americane mi lascia indifferente. Non così per molti italiani, intellettualoidi in testa. Loro sì che avrebbero voluto votare, Kerry ovviamente, ma non potendolo fare (si vede che in America non c’è un Tremaglia!) si sono esercitati a dare i voti: Kerry è buono, Bush è cattivo. Perché abbiano ritenuto buono Kerry nessuno lo sa. Forse perché giudicano Bush cattivo e allora vale il solito gioco: il mondo è fatto a coppie e ogni cosa deve avere il suo contrario. È una dialettica grezza, di un popolo, quello italiano, senza filosofia. Ma c’è stato anche chi, come lo storico (si fa per dire!) Luciano Canfora, militante di sinistra, ha fatto uno sforzo maggiore e ha cercato addirittura di capire Bush e nell’ansia di partecipare la sua conquista culturale nel luglio 2004, a campagna elettorale in pieno sviluppo, ha rilasciato un’intervista, che ha un titolo quasi umoristico: “Per capire Bush leggi Tucidite”. Non so se sia un consiglio valido, sembra però che gli americani per capire Bush non abbiano letto Canfora, il che è comprensibile. Dice il nostro, tra l’altro: «Qualche settimana fa si è celebrato il 60° anniversario del D-Day, che segnò la liberazione dal nazi-fascismo. L’Europa è grata agli Usa per questo. Eppure, come notava già Tucidite, si può trasmettere la gratitudine di generazione in generazione? Atene, vincendo a Maratona e Salamina, aveva salvato la Grecia dai Persiani. Ma questo poteva giustificare il controllo politico di Atene sui popoli che aveva salvato? Secondo Tucidite no, ma la storia andò diversamente…». Ma, è un accostamento valido questo? Forse è colpa di Bush, o sarebbe stata colpa di Kerry, in alternativa di vittoria, se l’Europa si è avvitata su se stessa e, ingessata com’è dai suoi stessi miti culturali e ideologici, dai suoi giacobinismi neoilluministici, non é capace di uscire dalle strettoie e dagli egoismi franco-tedeschi e anglosassoni? Forse, secondo il Canfora, anche se non lo dice direttamente, gli Usa, che sono concorrenti commerciali dell’Europa, dovrebbero sopportare un D-Day economico per la bella faccia dei Chiraq, degli Schröder e dei Blair? Se lo facessero, sarebbero come minimo accusati di egemonia plutocratica. Signor Canfora, si può scherzare coi fanti, ma non con la storia, soprattutto non si può capovolgerla, perché l’ansia di esprimere voti per i risultati elettorali americani, pare che non Atene intenda condizionare Sparta, ma viceversa. Non sarebbe più leale e interessante che, invece di impicciarsi tanto degli Usa, gli intellettuali europei, italiani in testa, si preoccupassero di più per fare finalmente un’Europa vera e seria, come fecero gli stati americani?

Ora, io, che sono palesemente contrario a ogni pentitismo e perdonismo pur ammettendo che si possa mutar consiglio, come diceva Francesco Petrarca, sono portato a una riflessione. Canfora, marxista e comunista per nulla pentito (e mi sta bene che non lo sia, se no come potrebbe scrivere sul Corriere della Sera?) dopo tanto straripante cultura storico-classica, dimentica totalmente (ma forse è un atto di furbizia, perché “tiene famiglia”) Marx, che, a mio avviso, per certe posizioni merita ancora attualità, soprattutto se si parla di eventi storici (ammesso che le elezioni americane lo siano!). Infatti, per Canfora il Bush altro non è che un bieco conservatore, portatore di interessi plutocratici, che vede nella guerra un’occasione o un pretesto per asservire il mondo, mentre Kerry lo avrebbe reso libero. Se è così, ma ripeto non ho una opinione forse perché conosco poco Tucidite o, meglio, perché non mi interessa avere un’opinione su Bush, allora è Marx che serve per capire Bush. Capito signor Canfora? O si è già dimenticato di Marx? O teme che nominandolo, non sarebbe più à la page e perderebbe credibilità?      Ma lo storico ha bisogno di essere credibile? Sì, se è abituato, anziché a fare opera di analisi oggettiva su fatti ed eventi, a piegarli alle sue ideologie, con tanti saluti e calci alla storia, che, per nostra fortuna, resta quella che è: un parco delle rimembranze, che non abbisogna della presenza di ciceroni, perché sono gli eventi che devono parlare, non i loro burattinai postumi. “Carneade: chi era costui?”

 

Pietro Bonazza