Un verso è un verso. Alcuni versi fanno una poesia. Molti versi fanno un poema.
“M’illumino d’immenso” è meno di un verso, però con quattro parole esprime ciò che è difficile dire con un trattato di filosofia, perché riassume, in sintesi estrema, il concetto che l’immensità dell’Essere, dell’eterno, dell’incommensurabile, dell’infinito e dell’infinitesimo può ricadere su di me, individuo. Una illuminazione di verità e di santità. Ma sottintende anche che “io” posso illuminarmi se lo voglio, in quanto sono libero di volerlo e purché non mi lasci annichilire dall’immensità, sconfinando nel nulla. Anche Leopardi pensava all’immensità, ma finiva in naufragio. Chissà se Ungaretti era consapevole di esprimere un pensiero profondamente religioso, perché illuminarsi d’immensità vuol dire guardare a Dio senza paura, ma anche senza presunzione. Forse non lo sapeva, perché poeta è chi sa esprimere l’indicibile, così svelando la verità.