Leggo di George Steiner l’autobiografia “Errata. Una vita sotto esame”. L’autore sembra sfuggire a ogni definizione, come tanto piacerebbe agli studiosi tedeschi, che amano le classificazioni. Forse questo è un punto di merito per Steiner. Anche il ricordo autobiografico è solo un pretesto per riflessioni sull’uomo e per porre tante domande. Il lettore, fino all’inizio dell’ultimo capitolo, si chiede ripetutamente: “ma chi è costui?”. Non si capisce se sia un credente o un ateo, un filosofo o, rara avis,  un intellettuale libero da preconcetti e interessi, un ebreo o un occidentale, che non rinnega niente, perché non ha niente da rinnegare. Mi soffermo su questa ipotesi di identità razziale. A meno che non porti un abbigliamento tipico o una capigliatura da fondamentalista, saremmo in grado di distinguere un ebreo incontrandolo per strada o in un club alto-borghese più o meno esclusivo o finanziario, o addirittura leggendo i suoi libri di filosofia, fisica o economia? Ritengo di no. Un ebreo è tale solo se pratica la religione dei padri. Se è ateo non è più ebreo. Tutt’al più può essere un israeliano, se abita in quella lingua di terra strappata a inglesi e arabi. Ma, se abita a New York o a Roma, può dirsi solo italiano o americano. Si dice che Ben Gurion, il padre dello Stato d’Israele, fosse ateo. Non era ebreo, ma israeliano. Sembra, per lo stesso motivo, che Steiner non sia ebreo e nemmeno israeliano, visto che non abita in Israele.
Il lettore, giunto all’ultimo capitolo, che vale tutto il libro, resta sconcertato. Le impressioni accumulate con la lettura dei capitoli precedenti oscillano e si scopre uno Steiner pessimista, ma di una umanità così ricca da lasciar trapelare, nonostante il pudore e la riservatezza, uno spirito profondamente religioso. Si sente un uomo che vive ancora l’angoscia del dopo Auschwitz; che teme la prevalenza del male orribile e furioso contro il bene. Si legge, nelle ultime righe di questo romanzo dell’anima: « Ogni singola crudeltà, ogni singola ingiustizia inflitta a un uomo o a un animale giustifica le conclusioni dell’ateismo nella misura in cui impedisce quello che sarebbe davvero un primo avvento di Dio. Tuttavia io sono incapace, persino nelle ore più tetre, di rinunciare alla convinzione che le due meraviglie che giustificano l’esistenza mortale sono l’amore e l’invenzione del futuro verbale. La loro congiunzione, se mai accadrà, è il messianico».
Steiner non se ne accorge, ma l’amore esiste già e il futuro verbale è la speranza; la loro congiunzione è già accaduta. Steiner è un cristiano inconsapevole.

Pietro Bonazza