La riforma del diritto societario operata dal D.Lgs. 2003/6 non ha apportato sostanziali modificazioni al problema delle false comunicazioni sociali (art. 2621 cod. civ.) sul particolare problema del bilancio nullo per mancanza di chiarezza o precisione. Si realizza così un trascinamento di tutta l’esperienza giurisprudenziale precedente, soprattutto sul problema della distinzione e autonomia delle due categorie, che devono essere compresenti per realizzare gli obiettivi della verità e della correttezza del bilancio, il cui fine è dettato dall’art. 2423, comma 2, cod. civ. e cioè “rappresentare… la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio”. La norma ha posto chiarezza, verità e precisione come mezzi per realizzare l’obiettivo.

In collegamento a questo schema imperativo si pongono due problemi:

 

  • 1. la deroga, o meglio il riferimento, che, per le società quotate può essere rappresentata dall’applicazione dei Principi IAS, anche se i principi in realtà non possono derogare, ma, semmai, essere pur sempre considerati come norme applicative ed esplicative di carattere tecnico. Infatti, nel codice civile non si rinviene un rinvio ai Principi contabili, e, quindi, le norme di riferimento sono quelle dettate dalla legge ordinaria;
  • 2. la conferma in sede esecutiva, costituita, per le società non quotate, dai Principi contabili nazionali, trasformati dall’OIC, costituito il 27.11.2001 in forma giuridica di fondazione. Tale organismo si occupa anche di interpretazioni di norme diverse dai Principi contabili, seppur con connessione di materia, come, nel caso esaminato in questa nota, il “Documento interpretativo per l’applicazione delle norme di cui al D.Lgs. 344/03”, numerato dall’OIC con “Documento interpretativo n. 2” e di seguito citato per brevità “Documento OIC 2”.

In questo, l’organismo preposto alla emanazione dei Principi si è occupato dei riflessi nel bilancio civilistico della scelta del regime fiscale di trasparenza, previsto dall’art. 115 T.U.I.R 917/1986, che ha esteso alle società di capitali, date certe condizioni, il noto regime già applicato alle società di persone, in base al quale le imposte dirette sul reddito societario, IRAP escluso, non sono corrisposte dalla società che lo ha prodotto, ma dai suoi soci, ovviamente con conseguente incremento del dividendo distribuibile. Saranno i soci che pagheranno l’imposta, così determinando alla fine un risultato fiscale e civilistico pari a quello determinabile in un regime normale.

In termini di evidenza contabile, è come se nel conto economico della società e facendo astrazione, per dare maggior evidenza al concetto, dall’IRAP e da imposte anticipare e differite rimanesse vuota la voce 22 e la 23 coincidesse con la 21. È evidente che la somma distribuibile ai soci, dedotte le devoluzioni alle riserve se dovute o deliberate, sarebbe il totale del rigo 21.

Il “Documento OIC 2” ha previsto che il bilancio, in primis il conto economico, indichi, ciononostante, l’IRES nel rigo 22, anche se non costituisce un carico economico e per contropartita nemmeno un debito della società. Lo scopo sembra quello di rendere evidente a quisque de populo quale sarebbe stato il risultato post tax se la tax fosse stata a carico della società, sennonché non è a suo carico! Si dimentica che in tema di bilanci non esiste il quisque de populo, perché si tratta di un lavoro interpretativo da specialisti, come bene ha affermato la sentenza del Tribunale di Vicenza 23 marzo 1999. Cioè, non si può pretendere che un paziente possa autocurarsi leggendo il “bugiardino” (foglietto illustrativo) inserito in ogni scatola di medicinali, che non può certo sostituire il medico. Vero è che“Documento OIC 2” ammette che, anziché nella sequenza dei conti del conto economico, il fenomeno di trasferimento dell’imposta possa essere rappresentato anche solo in “Nota integrativa”. Dandosi quest’ultima scelta il reddito rappresentato e distribuibile è, come nei precedenti esercizi, quello privo del calcolo figurativo del tributo virtuale.

Analoga dovrebbe essere la conclusione per chi adotta l’inserimento anche in conto economico, senza alterazioni della parte patrimoniale del bilancio.

Sennonché, si osserva il diffondersi di una prassi non corretta, che si fonda sul fatto che quell’imposta anziché essere corrisposta al Fisco, sarà corrisposta ai soci e da qui la contropartita della parte del rigo 22 che riguarda tale componente in una voce del tipo “Altri debiti” o analoga. Questa scelta di rappresentazione è scorretta, perché riduce il valore del reddito formalmente, anche effettivamente, conseguito e apre un conto tra le passività (“debiti”) che non nasce da un rapporto obbligatorio, ma sostituisce, deformandolo un partita di “Patrimonio netto”. Invece, la corretta contropartita è una “riserva” o un maggior dividendo, secondo la deliberazione che assumerà l’assemblea. In altri termini: la delibera formale deve riguardare il rigo 23, ma escluso il tributo IRES, come a dire il rigo 21, in assenza di IRAP e di imposte differite e anticipate.

L’alterazione qui criticata comporta anche un’altra scorrettezza: la dichiarazione di distribuzione di dividendi soggetta a registrazione nei venti giorni dalla deliberazione assembleare, enuncia un valore inferiore a quello effettivamente da distribuire. Per quanto la registrazione avvenga in regime di “tassa fissa” e non comporti evasione di imposta, resta però la constatazione che il valore non è corretto e non corrispondente alla realtà.

Se il fine del “Documento OIC 2” era di dare una rappresentazione ritenuta più veritiera dal punto di vista dell’analista economico, apre però il rischio di deformazioni contabili di altro tipo.

Pietro Bonazza