Il grande capo della FED, che ha potere e responsabilità incomparabilmente superiori a quelle di Fazio, ma percepisce un compenso inversamente proporzionale al suo e forse anche per questo è più credibile e creduto, si è convinto che in futuro avremo una crisi finanziaria internazionale da curare però in via preventiva, per non farci travolgere dagli eventi. Del suo convincimento, peraltro assai più equilibrato di quello di molti economisti a go-go e di analisti finanziari, attenti a parlare nell’interesse dei loro datori di lavoro più o meno occulti, non fa mistero. Pesa le parole con attenzione da speziale, perché sa che deve considerare l’economia reale e, allo stesso tempo, la finanza di Wall Street, sempre più affascinata dalla new economy e affascinante per le famiglie, che si indebitano per giocarci (ognuno ha il suo Superenalotto!). Su questo punto si aprirebbe l’intricatissimo concetto delle distinzioni, ma anche delle interferenze e delle interazioni, tra debito interno e debito esterno, che per gli Stati Uniti, merito o colpa del dollaro forte (o della debolezza di euro), anziché distinguersi potrebbero essere fenomeni cumulati e, nell’ambito del debito interno, si porrebbe l’ulteriore distinzione tra debito privato e debito pubblico.Sono riflessioni che fanno la felicità degli economisti, teorici e pratici, un po’ come l’argomento malattia per i medici.Aggiungo una riflessione personale. La nostra epoca è caratterizzata dalla tanto amata e odiata globalizzazione, un fenomeno che, con tutti i “distinguo” da mai dimenticare, ha un significato di internazionalizzazione. Infatti, alcuni preferiscono il termine “mondializzazione”. Comunque sia l’etichetta più adatta, resta il concetto di fondo di ovvia constatazione, che in una dimensione internazionale così integrata, sia nell’economia reale e sia nella finanza, i vasi comunicanti diventano veramente una rete totale, come un complesso di canali irrigui alimentati dalla stessa fonte. Per di più i tempi di reazione o meglio di propagazione sono istantanei, perché la velocità dell’acqua è determinata dai tempi reali, cioè immediati, dalle nuove telecomunicazioni integrate nei computer di Internet. Una specie di rete dentro la rete. Greenspan non usa la metafora del sistema di irrigazione, ma sicuramente pensa a una chiusa con vaso scolmatore all’inizio e a tante chiaviche nei canali derivati. È un adacquarolo involontario, che però conosce il suo mestiere. Purtroppo sono gli altri che non conoscono il proprio. Ci vorrebbero gli egiziani del Nilo o i monaci benedettini dell’alto Medio Evo, che conoscevano l’ingegneria idraulica, invece abbiamo solo banchieri e finanzieri neuropatici o incompetenti. Il timore di Greenspan è, appunto, che un raffreddore a Taiwan possa diventare un’influenza a New York e, se accade, possa degenerare in una polmonite mondiale