Il prof. Veronesi, lieto (si vede) di mettere la sua fama a disposizione di un governo Amato dopo la defenestrazione con rete circense del comunista D’Alema, è molto indaffarato a proteggere la salute degli italiani e a far dimenticare – ma in questo ha poco merito per mancanan di sforzo – la predecessora Rosy Bindi. In pochi mesi ha già detto e ridetto al popolo più cocciuto della terra che il fumo fa male alla salute, gli ospedali non funzionano, i malati crepano prima di ottenere la soddisfazione di una foto TAC, i ticket sono da abolire, gli embrioni si possono manipolare, eccetera eccetera. Ma, te… pensa! Una esternazione al giorno, che, diversamente dalla mela, non ti leva il medico di torno. Che bisogno sentiva, se non quello della solidarietà politica, un tal luminare, noto in tutto il mondo, di andare a impartire quotidie il suo verbo ippocratico davanti alle telecamere del ministero della sanità, è difficile da spiegare. Sicuramente c’è da apprezzare il suo senso del sacrificio. Appena nominato ministro, i rotocalchi lo hanno presentato come uomo sportivo di sane ortodosse tendenze amatorie e questo ci rassicura non poco e gli rende gran merito, perché al dicastero della “Buona Sanità” dovrà sacrificare anche non poche delle ore riservate a Venere. Soprattutto in questi momenti psichiatrici, in cui invece del Carnevale impazza la “mucca pazza” e il Nostro deve rilasciare ogni giorno bollettini di guerra e diagnosi su quanti anni (un giorno dice due, l’altro cinque) occorreranno per bonificare le stalle dalla perfida proteina. Ma, probabilmente, c’è una cosa che vorrebbe dire, ma il suo self control di ministro gli impedisce: “io, pur non essendo di religione indù, ho sempre sostenuto che la carne bisogna lasciarla da parte e preferire il pisello”, surrogato per certe funzioni inefficace, che riuscirebbe più facile al ministragricolo Pecoraro Scanio. Sì, perché Veronesi si è sempre vantato di essere vegetariano e, se avessimo seguito i suoi consigli, non esisterebbero problemi di “mucca”! Ma che volete! L’italiano è un popolo godereccio e per una costata è pronto a fare una rivoluzione e non è disposto ad alimentarsi a radicchio rosso di Verona, che, magari, è più impestato di chimica balorda delle bistecche comunitarie. Chissà come andrà a finire e se Veronesi verrà ascoltato. Purtroppo non ha capito che diversamente dalla predecessora, che al massimo poteva drappeggiarsi in una bandiera rossa, lui il Veronesi, in quanto medico, è l’unico ministro che ha il diritto di farsi riprendere dalla TV con il camice bianco. In Italia è l’abito che fa il monaco e il dottore è sempre il dottore, soprattutto quanto ti dice, scuotendo il capo, che hai qualcosa negli occhi che non convince e hai bisogno di fare certi esami. Al consumatore non posso dare alcun consiglio, pena imputazione per istigazione a delinquere, però posso ricordare la storiella del beduino che di sera si appresta a mangiare datteri nella sua tenda alla luce di una lampada a petrolio: ne apre uno, ha un bruco e lo butta via; ne apre un secondo, ha un bruco e lo butta via; un terzo… un quarto… Al quinto spegne la lampada e incomincia a mangiare. Italiano, mangia pure la tua costata, tanto più pazzo di quel che già sei non puoi diventare, purché tu spenga la luce, non tanto perché la proteina si addormenti al buio, ma così… tanto per fregare Tatò, l’Enel e quella Testa di un Chicco. Ma un consiglio lo do anche al Veronesi: Lei prof. è sicuramente uno che sa tutto di oncologia, ma di psichiatria forse un po’ meno. Se è così, vada a interpellare lo spirito del prof. Basaglia, che alcuni anni fa curò la pazzia degli italiani sopprimendo i manicomi e oggi non si riesce più a trovare un matto nemmeno a farlo cercare da Diogene di Sinope. Lei può sempre ordinare la chiusura delle stalle e vedrà che di mucche pazze in giro non ne troverà più una ch’è una. Ricetta sicura. Basta un decreto. Se ha avuto successo con l’uomo, a fortiori con la moglie del toro. Oddio! Un rischio c’è: di vedere le mucche allevate negli ospedali. Ma, forse, come per i manicomi, non è nemmeno un grosso problema.