L’ ”Oro” di Salvatore Rossi

 

“Oro”  è parola palindroma, ma cambia significato secondo la direzione in cui è pronunciata:

–          da sinistra a destra designa o ha designato una proiezione verso il futuro, quindi legata al tempo, che, a sua volta è legato alla funzione monetaria: diretta (coniazione) o indiretta (convertibilità), del prezioso metallo;

–          da destra a sinistra rappresenta il concetto di un fondo patrimoniale accumulato nel tempo per motivi precauzionali e di garanzia, considerando la caratteristica di conservazione del valore (staticità e stabilità), che può rendere il metallo aureo: base di misurazione di altri valori.

Queste due non sono le uniche caratteristiche dell’oro, e a chi vuol saperne di più si consiglia la consultazione dell’agile aureo libro (l’autore lo definisce “piccolo”) di Salvatore Rossi, “Oro” edito da “il Mulino”, a cui auguriamo ampia meritevole fortuna secondo la lettura in positivo del detto di Terenziano Mauro “habent sua fata libelli”.

L’autore dichiara  con sincera umiltà di “lavorare per la banca centrale”, più precisamente ne è il direttore generale e questa funzione apicale gli consente di conoscere meglio di chiunque altro il bilancio annuale della banca e l’importanza del valore “oro” della voce  tra le attività. Ma Rossi conosce anche la storia di quel valore accumulato dalla fondazione della banca centrale fino ai nostri giorni e ce ne dà una precisa informazione, preziosa per chi vuol conoscere i legami tra la voce di bilancio e le altre vicende dell’economia italiana dal 1861.

Ma l’autore va oltre la storia domestica e considera la funzione generale internazionale di oro-moneta dall’antichità ai nostri giorni.

Rossi  ci ricorda i rapporti tra ricchezza e reddito, che sono stimolati dalla constatazione che l’oro è un fondo pressoché indistruttibile e di valore flessibile, dinamico, in grado di resistere anche ai cambiamenti dei suoi impieghi industriali (semiconduttori e computer) o sanitari (odontoiatria).

L’autore, da esperto conoscitore dei rapporti tra banca centrale e fondo-oro, fornisce anche la classifica internazionale, che vede l’Italia al quarto posto dopo Usa, Germania, Fondo Monetario Internazionale e prima di Francia, Cina e Russia, quindi un paese tutt’altro che povero dal punto di vista aureo e che trova espressione contabile nel bilancio annuale della Banca d’Italia come prima voce tra le “attività” “ORO E CREDITI IN ORO (euro) 76.718.154.604  (anno 2015), rappresentativa in termini di valore delle 2.500 tonnellate di oro posseduto. Partendo da questo dato, Rossi stimola due domande concrete: a) a chi appartiene tutto quell’oro? b) potrebbe essere venduto per soddisfare esigenze superiori e, comunque, non certo per abbassare l’enorme debito pubblico?

Alla prima domanda Rossi risponde: ”al popolo italiano”, ma sembra affermarlo con un sorriso ineffabile da Gioconda leonardesca. Alla seconda, tenendo conto dei vincoli istituzionali anche internazionali e dei contraccolpi sui mercati del metallo pregiato, in pratica è saggio nemmeno pensarci. Rossi ha ragione e a me viene in mente di peggio e cioè il vecchio adagio latino: “res tantum valet quantum vendi potest” … e non  vado fino in fondo”, perché la legge economica del valore mi rimbalza alla definizione dell’economia come “dismal science ”, che, se intesa in senso assoluto e manicheo, porterebbe a concludere, erroneamente, che il valore di quel fondo è zero! Uno zero che, però, farebbe gola a tanti!

Ancora due constatazioni sull’autore:

–              Rossi scrive in un italiano perfetto, diretto, piacevole, stimolante, che non cede a facili e inutili espressioni anglofone, limitate a poche insostituibili voci gergali e questo è già di per sé un grande merito;

–              la “Premessa” del libro chiude con questa lodevole dichiarazione: “Gli eventuali diritti d’autore saranno devoluti all’organizzazione Save the Children”.