Storace, colonnello con aspirazioni generalizie nell’esercito di Alleanza Nazionale, ha convinto i laziali a nominarlo governatore nelle elezioni dell’aprile 2000. Non è uomo che viene direttamente dal popolo degli elettori, ma dall’apparato di un partito. Quindi, è da un partito che deriva la notorietà che gli ha consentito di ottenere la maggioranza dei consensi popolari. Per contrapposizione si potrebbe dire che non ha fatto affidamento alla svestitura agli occhi del popolo, come fece Cicciolina, la ninfa di Pannella, ma ha ricevuto l’investitura dall’apparato partitico. L’uomo è sanguigno e battagliero, come ha dimostrato alla Presidenza della Commissione di Vigilanza sulla RAI ed è sensibile al sesso femminile, come in occasione della nomina di Irene Pivetti alla Presidenza di Montecitorio nella primavera del 1995. Un rotocalco riportò che il Nostro rimase così incantato degli occhi dell’allora vestale leghista, da sognarseli anche di notte. Non si sa se ancor oggi stia sognando, dopo che l’Irene ha lasciato primo marito, Lega e poltronissima di Montecitorio, per un secondo marito, un Dini piuttosto stracotto e una nursery dove fa la mamma-moglie con l’assistenza di fotografi di settimanali. All’epoca della Pivetti prima maniera, Storace non era ancora vincitore di nulla, era più goliardico, più compagnone e meno compagno, comunque la sua preferenza per il sesso debole già dava garanzie di appartenere alla parrocchia ortodossa e univoca, cioè non “roba da Pecoraro”, il che, con le arie che tirano, è almeno una garanzia sul piano sessuale. Ora, che governa il Lazio, ha incominciato a sentirsi la vocazione di fondare correnti di partito e ha scelto la “destra sociale”. Forse arriverà lontano, anche se non riuscirà a stabilire con esattezza se destra sociale sta a destra della destra o a sinistra del centro, a meno che non si tratti di geometria variabile o di geometria dei frattali. Il problema è molto difficile, perché come cognome e come iperattivismo evoca un certo Starace, che negli ultimi anni Trenta del XX secolo, i soliti maligni dicevano “vestito d’orbace, di tutto vorace, di nulla capace”, mentre come “destra sociale” fa pensare ai “Diciotto punti di Verona”, il programma sociale del fascismo morente di Salò, entrato in vigore il 21 aprile 1945, quattro giorni prima della fine. Ma è dubbio che “porti buono” evocare quei precedenti. Intanto ha incominciato a distinguersi dal Polo del Nord. Formigoni propone una devolution per la Regione Lombardia? E Storace prende le distanze per il Lazio e contropropone Roma città-Stato. Sembra un’idea pazza, invece ha una sua storaciana originalità. Peccato che non si capisca se vuol allargare il Vaticano, che dopo la beatificazione di Pio IX ha il sapore di una restituzione, oppure se voglia candidarsi come Papa. Tutto è possibile quando uno è lanciato. Attenti ai piani inclinati.