Marx era sicuramente un uomo di pensiero. Ma lo era “di spirito”? Dubito. Se no, invece di dividere la specie umana in proletari e borghesi, avrebbe classificato l’umanità per categorie di sogno. Cioè, il proletario e il borghese fanno gli stessi sogni? Se sì, non avrebbe potuto predicare la rivoluzione del proletariato. Come potrebbe un uomo combattere un suo simile, se fa i suoi stessi sogni? Marx deve aver concluso, prima ancora che Jung ci illuminasse sulla materia, che i due tapini fanno sogni diversi e cioè che il proletario sogna di diventare ricco (il mezzo, cruento o no, è un particolare secondario lasciato in eredità al mongolo Lenin) e il borghese ancora più ricco. Ma allora, entrambi sognano la ricchezza! E dove sta la differenza?

Queste considerazioni sono uno scherzo. In effetti, il sogno del proletario è più complesso e va per stadi: primo ottenere il minimo per soddisfare il fabbisogno primario della sua “prole”; secondo: diventare a sua volta un ricco borghese. Il primo è un diritto, quindi non è più un sogno, il secondo dipende dall’intelligenza, dalla volontà, se si vuole anche dalla rapacità (perché, il borghese, non è rapace? ). Quindi in nessun stadio il proletario sogna. Ma se i proletari non sognano muoiono, come insegna la medicina, che ha provato che, sottraendolo al sogno ricorrente, l’uomo muore. L’errore di Marx, se di errore si tratta, è stato di attribuire agli altri i propri sogni. Era più un sognatore che un rivoluzionario, anche se è vero che i rivoluzionari sono sempre dei sognatori. Il progresso non lo fanno loro, ma quei condannati a essere la molla del progresso, che ogni mattina si alzano per chiudersi nelle biblioteche, nei laboratori di ricerca, negli uffici nel tentativo di far girare in senso orario la palla del mondo. Le rivoluzione sognano solo di fermarlo il mondo, per farlo girare in senso antiorario. Ma non ci riescono mai. Perché la massa di chi spinge è superiore per numero e forza di chi la frena. Anche lo spazzino (pardon: operatore ecologico) che si sorbe il bianchino tra una passata e l’altra per dimenticare la scopa è un inconsapevole ingranaggio del progresso. È il progresso e non la rivoluzione che fa girare il mondo…sempre più in fretta. Marx, che era uomo di fede in buona fede, non se n’era accorto, attratto dal sogno di rivoltare il mondo stimolato dalla visione della vita grama dei lavoratori a sedici ore al giorno, bambini compresi. Non aveva considerato un pensiero elementare: se quei lavoratori continuavano a produrre sempre più beni per i “padroni”, prima o poi i magazzini sarebbero stati stracolmi e bisognava svuotali vendendoli fino a essere assorbiti; ma per far questo sarebbe stato necessario o abbattere i prezzi o aumentare i salari. Questo è banale, non è tutta la verità, ma buona parte e, peraltro, l’aveva già detto Say (l’offerta genera la propria domanda), come a dire che, con rivoluzione proletaria o senza, il mondo sarebbe arrivato dov’è oggi. La verità più credibile di Marx è stata la sua intuizione della preponderanza del fattore economico nella storia dell’umanità. Ma, questo non è sogno, è solo constatazione. Marx, come economista, valeva poco, anche se l’agiografia lo ha iscritto negli autori classici.