Il buonismo, da non confondere con la bontà, è la piaga della nostra epoca, depotenziata di quella sana cattiveria, che è la più efficace vaccinazione contro mali peggiori. Talvolta il buonismo è incosciente; per usare un gioco di parole è un “buonismo alla buona” e allora si ha l’imbecillità, quella degli “utili idioti”, per intenderci. Purtroppo non è il nostro caso, ché il buonismo è figlio del cinismo, del calcolo, della tartuferia più rivoltante, che arriva ad auspicare, in politica, che maggioranza e minoranza, poli di destra e di sinistra, Scilla e Cariddi, si accordino. Ma ci rendiamo conto che la morte della democrazia è la conseguenza di una rinuncia dell’opposizione a opporsi? Mancanza di opposizione è la filosofia dei ladri di Pisa: fingere di litigare di giorno per rubare insieme di notte. Buonismo vuol dire far “convergere le parallele”, inventare un “arco costituzionale”, mettere insieme “cespugli” di ogni specie botanica, nominare Tizio presidente della repubblica, per far nominare Caio presidente del consiglio e così via. Vuol dire “baratteria”. Vuoi mettere quella sana cattiveria dipinta sul volto di Dante, perennemente accigliato, mai iroso, anzi quasi dolente per i cattivi veri, che è costretto a cucinare nel suo terribile Inferno? Prendete un’effigie di Dante e accostatevi la foto di Rutelli e poi andate a votare. Ma, direte voi, Dante non è candidato! E allora non andate a votare.