La storia raccontata dai giornali a inizio marzo è complessa. Una tragedia in due atti: il primo potrebbe essere ambientato nel 1800, il secondo all’inizio del Terzo millennio. a) Primo Tempo: una coppia scozzese non più giovanissima ha cinque figli, quattro maschi e una femmina di tre anni, che muore in un incendio. La tragedia si acuisce, perché alla morte della piccola consegue uno squilibrio psichico nei genitori. È comprensibile, perché sappiamo quali conseguenze può recare un dolore inconsolabile come la perdita di un figlio, in circostanze poi così raccapriccianti come un rogo. La storia potrebbe entrare in un romanzo di Fogazzaro. b) Secondo tempo: la coppia è consigliata di avere un’altra figlia, anche per motivi psicoterapeutici. Già qui il nostro cervello di uomini della strada incomincia a sbandare. Quale sia la causa di una patologia, anche umanissima e pietosa, come si può prescrivere una terapia a base di un figlio, quasi fosse un vaccino o una scatola di pastiglie? Dopo Freud & C. è tutto possibile ed è per questo che la storia diventa tipica del Terzo millennio. Poiché il nuovo figlio programmato deve essere rigorosamente femmina e le pur permissive norme inglesi vietano la predeterminazione del sesso dei discendenti, i due coniugi scozzesi vengono a Roma, dove la legge non detta restrizioni e la deontologia medica non deve render conto a Ippocrate. Ma si scopre che l’embrione è maschio e, allora, la coppia lo abbandona alla provetta e se ne torna in Scozia. Non ho commenti, perché in questa epoca post comunista e post cristiana sembra tutto possibile. Non richiamerò alcuna tesi cattolica. Mi basta ricordare la scena di Filumena Marturano, la più umana delle commedie del comunista Eduardo De Filippo, in cui Filumena rivela al convivente Domenico Soriano intenzionato ad abbandonarla che dei tre figli uno è suo e alle insistenze di Domenico per sapere quale dei tre, Filumena risponde: « … i figli so’ figli…»; cioè i figli sono tutti eguali oppure non sono figli e non conta sapere quale è più figlio degli altri. I vecchi comunisti avevano una morale e, soprattutto, il senso dell’uguaglianza. I post non hanno nulla, perché sono figli del Sessantotto e sono cresciuti all’ombra dello slogan “vietato vietare”. Si vede.