Non penso che gli stranieri dedichino tempo prezioso a capire l’Italia e gli italiani, ma anche quando ci provano non possono non arrendersi davanti a inspiegabili contraddizioni. All’estero il politologo non riesce a capirci, il politico fa atti di fede, purché sorretti da un minimo di convenienza, l’operatore economico non fa affidamento che sul vantaggio dei nostri prezzi. Ma noi non costituiamo un vero problema, perché costa poco ignorarci. Solo noi ci crediamo importanti e determinanti. Questo ci dà respiro, perché un qualche effetto di stimolo ce lo produciamo noi stessi e l’estero, infine, ci sopporta. Siamo un po’ come l’amico superficiale che nel gruppo arriva sempre in ritardo, comprese le cerimonie, ma si fa perdonare perché suona la chitarra e racconta le barzellette. Sarà per questo che siamo entrati nell’euro e ci rimaniamo?