Una volta si diceva: re melius perpensa, locuzione eufemistica e un po’ ipocrita, largamente usata dai giuristi che, per non riconoscere di aver sbagliato, davano a credere di aver meglio riflettuto su un principio o su un concetto. Ma un conto è pensare meglio e altro conto è, come di certi uccelli, saltellare continuamente da un ramo all’altro. Almeno gli uccelli lo fanno per mettere in difficoltà il cacciatore. Ma la Cassazione… di grazia? E allora… dica Vostra Grazia! Sua Grazia ha ponzato e re melius perpensa (un’altra volta? Quante volte? Direbbe un confessore) ha graziato ancora. Grazie Vostra Grazia. Nel “dare a Cesare…” del 12 giugno 2000 si è avvertito che la Cassazione, con sentenza 1.9.1998, n. 9567, aveva cambiato indirizzo a proposito della connessione tra falso in bilancio e frode fiscale, prima considerate categorie autonome, talché la frode fiscale non integrava caso di falso in bilancio. L’asterisco chiudeva con un: “Abbiamo fede!”. La fede, quando non è quella del Candide di Voltaire, è sempre premiata. Infatti, la Cassazione, con nuova sentenza 31 marzo 2000, n. 4128, è tornata sui suoi passi e ha riaffermato che falso in bilancio e frode fiscale sono due delitti diversi e ciò in riferimento alla legge 516 del 1982, meglio nota come “Manette agli evasori”. Ma il pendolo continuerà, perché intanto la 516 è andata in soffitta. A noi, umili uomini della strada, vieppiù sbandati e sconcertati, basta la perpensa. Del melius abbiamo preoccupazione e ne facciamo volentieri a meno.