Gli Stati Uniti stanno attraversando una preoccupante crisi politico-economica. Prima il fiscal cliff, tutt’altro che superato, e ora l’innalzamento del tetto del debito pubblico, già stratosferico, pena il default di molte amministrazioni locali per mancanza di fondi pubblici. Sarà braccio di ferro tra il Presidente e il Congresso a maggioranza repubblicana. Il noto pragmatismo americano lascia prevedere che si metteranno d’accordo, ma bisogna vedere come. Comunque la Fed porrà mano alla stampa di dollari e vi saranno effetti sull’inflazione internazionale, perché gli Usa sono abituati a far pagare agli altri le loro magagne.
E noi italiani? Saremo stretti tra l’espansionismo cartaceo della Fed e il rigorismo europeo che renderà ancora più forte l’Euro svantaggiando le nostre esportazioni.
Il parallelo tra la situazione italiana e la statunitense non potrebbe essere più evidente: stessi problemi di riduzione della spesa pubblica, di debito pubblico rispetto al Pil, di disoccupazione, ma gli Usa non sono malati di austerity e preferiscono l’espansionismo monetario. Gli Usa hanno anche un vantaggio sull’Italia: le elezioni le hanno fatte da poco, mentre noi le faremo tra poco e mai la previsione del verdetto elettorale è stato così incerto nonostante proclami preventivi di vittoria. Inoltre, gli Usa non hanno problemi di carattere istituzionale, perché la loro carta è chiara e rispettata, mentre noi dovremmo riscrivere la nostra Costituzione, che, così com’è, è applicata nel peggio e comunque superata, alimentando dissidi e prevaricazioni tra un potere e l’altro dello stato. Il nodo della politica Usa è la disoccupazione e per uscirne non pensano di sostituire lo stato all’iniziativa privata, ma di agevolarla. In Italia abbiamo riformato il lavoro con una legge Fornero, che ha creato più guai di quanti ne avessimo già, varata tra compromessi, che sono saldature impossibili.
Il nostro nodo scorsoio sono proprio le spese pubbliche, che sono state tagliate più sulla carta che in realtà. Non ci si rende conto di un fatto essenziale: la spesa pubblica ha la caratteristica che, una volta approvata, non è revocabile e questo comporta che molte spese deliberate nell’anno x ricadranno in tutto o in parte sugli esercizi futuri, alcune addirittura in via permanente. Basti pensare ai finanziamenti ai partiti. Chiudere i rubinetti non è facile, ma se non si incomincia, bisturi alla mano, sarà terapia inutile, per non dire dell’effetto psicologico negativo sugli elettori tartassati e beffati dallo stato sprecone.
Gli Usa non hanno governi tecnici né presidenti che impongono premier, perché ci pensano gli elettori. Per questo gli Usa ne usciranno, mentre l’Italia resterà avvitata nei giochi di potere e negli equilibrismi. Ma noi abbiamo un’arma segreta: la Pubblica Amministrazione non fallisce mai, semplicemente non paga i fornitori e non rimborsa i crediti certi, liquidi ed esigibili dei contribuenti, in più manda la moira Equitalia, mentre la ripresa si allontana.
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