Andreotti, si sa, è un profondo conoscitore di Cicerone. Presiede da anni il “Centro di studi ciceroniani” e Marco Tullio è il suo riferimento culturale e politico, al punto che chi non conosce Cicerone non conosce Andreotti; con una differenza: Cicerone, per cause anagrafiche, non frequentava le stanze vaticane, quindi non aveva la fede. Però: stessa intelligenza, stesso eclettismo, stesso tipo di nemici: i facinorosi, con la spada o con un codice di procedura. Solo che avevano fatto male i conti o i verbali e così, anche stavolta, Catilina ha perso e Cicerone l’ha spuntata. Si dirà che non Giulio ha vinto, ma Giancarlo ha perso. Non è vero! Nei quotidiani di questi giorni troneggia a tutta pagina l’ineffabile faccia di Andreotti, che, con la parafrasi di un suo noto aforisma, ci garantisce che “internet logora chi non ce l’ha” . Se i pubblicitari, che hanno il senso della popolarità di un’immagine, l’hanno scelto come testimonial, vuol proprio dire che Giulio ha vinto e che, se la presidenza della repubblica fosse a concorso referendario, “labbra sottili” non avrebbe rivali. Ah! quale errore per il polo di sinistra non averlo come leader, avrebbero in tasca un successo elettorale, anziché una sentenza, che non assolve un uomo, ma condanna la politica di quelli che hanno tramato “contro”. È una ulteriore prova che le politiche “contro” sono sempre perdenti.