Ma sarà poi vero che i tedeschi vanno pazzi per la loro cancelliera? Sicuramente mada-mona (come direbbe un veneto verace) ha molti sponsor tra industriali e borghesi tedeschi, più interessati al soldo (marco) che all’euro, disposti a difenderlo finché fa comodo. Dei principi di unione europea e di radici cristiane se ne fanno una pinta di birra e sostengono la loro cancellieressa,  finché lo dice il tornaconto.
Questo atteggiamento spiega in parte l’appoggio alla Merkel della presunta maggioranza dei tedeschi, da verificare alla loro prossima tornata elettorale. Intanto si godono i vantaggi della loro posizione dominante all’interno di una strampalata comunità europea, che, da un punto di vista federativo o confederativo, è del tutto anomala: sarebbe come immaginare che la California detti la politica economica di tutta l’unione statunitense. Di vantaggi la Germania ne ha sfruttati tanti negli ultimi anni, sventolando i suoi bund, che già nominalmente rendono lo zero percento o meno e, se va bene, fanno perdere almeno il tasso di inflazione, che resta ampiamente scoperto, il che è fuori di ogni logica economica e finanziaria. Ma chiediamoci perché i tassi dei bund permangono così bassi: perché i tedeschi sono seri e bravi e fanno parametro, il che è vero e anche giusto. Però la Germania deve smettere di credere di essere la Stella Polare e che l’Italia sia una loro colonia. La Germania ha i suoi buchi nel tessuto economico e prima o poi anche i più abili rammendi non riusciranno più a coprire le toppe. Basterà togliere il velo e anche la Germania dovrà fare i conti con la realtà, il che non è nemmeno augurabile, perché in una comunità tutti i membri sono importanti al contesto. Bisogna anche riconoscere che taluni vantaggi la Germania non li ha cercati, ma sono un regalo della cricca finanziaria internazionale, che si è inventata gli spread, i rating, i derivati, i titoli spazzatura, i subprime, le cartolarizzazioni più deviate. Però, la Germania farebbe bene a non contare troppo né sul tempo lungo né sulla permanenza di un sistema, invece sempre pronto a cambiare bersaglio. Che accadrebbe se una società di rating declassasse i titoli di un paio di banche tedesche? O mettesse in evidenza che la Germania non merita il sovrapprezzamento attuale, basato solo sugli spread? E se, di conseguenza, la cricca finanziaria internazionale incominciasse a speculare al ribasso sull’economia tedesca?
Bisogna anche considerare che la Francia ha perso negli ultimi anni la funzione equilibratrice verso la Germania e l’Unione Europea ed è priva di personalità politiche di rilievo. I francesi, come gli italiani, sono costretti a votare mezze calzette perché non hanno politici con le calze!
Abbiamo prima constatato che questa dominanza dello spread può spiegare “in parte” l’appoggio dei tedeschi alla loro badante. Allora, che dire della parte mancante? Si tratta dello spirito prussiano che condiziona la lucidità di una parte non piccola dei tedeschi e si esprime nella convinzione di avere il diritto di dominare l’Europa e oltre e di poter mostrare i muscoli in ogni occasione, anche a costo di perdere. La storia insegna: stai attento Golia che un Davide è sempre pronto alla sfida! I tedeschi possono essere bravi a fabbricare gli scarponi chiodati, ma non sapranno mai fare le scarpette di Cenerentola, che, poi, è anche una regina in itinere!
E l’Italia che ruolo gioca in un simile contesto? Recita la parte dello scemo del villaggio, si fa condizionare da tutti, si fa dettare le regole elettorali e addirittura gioisce che le primarie per il prossimo  premier si svolgano in Germania e a Bruxelles, si autocastra con una pressione fiscale sterile e vessatoria. Quello che i nostri politici non hanno ancora capito è che le cose non debbono cambiare per la Germania, ma in casa nostra. È ben vero che i tedeschi hanno molto da insegnarci e noi da imparare, ma tra le cose da apprendere c’è una simulazione da fare: se la Germania fosse nei nostri panni – e potrebbe essere un’ipotesi non solo teorica – sarebbe disposta a farsi il famoso dispetto in nome dello spread, o piuttosto, non porrebbe mano a una scure sui costi pubblici, mandando a casa la marea di pseudopolitici, che, quando non sono in giro per il  mondo a fare turismo, fanno pennichella in parlamento? Noi, fermi al teatro delle maschere non abbiamo il coraggio di adottare certi provvedimenti: ci accontentiamo di usare la leva fiscale, ma è come pompare aria in uno pneumatico bucato; invece, da buoni pulcinella andiamo a Berlino con la maschera in mano per implorare la regista di imporci la parte che dobbiamo recitare. Dove è finita la dignità di Arlecchino?