Nutro grande rispetto per tutte le religioni, non per ipocrita tolleranza o per vago teismo, ma perché voglio avere il diritto di esigere rispetto per la mia. Qualunque sia la causa, di fatto sono un tollerante. Non ho alcuna riserva verso i tedeschi protestanti, visto che questi convivono con cattolici in percentuale quasi eguale. Pertanto, non provo alcuna meraviglia che in Italia operi una “Chiesa evangelica luterana”, che in questi giorni sollecita il suo bravo 8 per mille. Però mi stimola un pensiero, che potrebbe interessare lo storico delle religioni. Le religioni, quando crescono sono esposte a fenomeni di endogenesi, che, apparentemente, sono causate da apostasie ed eresie, cioè da questioni di principio ideologico o teologico; in realtà è solo lotta per il potere, che cresce in proporzione e attira la bramosia di colonnelli aspiranti generali o vescovi affamati di tiara. Accade anche ai partiti politici. È interessante verificare il nome nuovo che ne esce. Per esempio: i protestanti tedeschi si fanno chiamare “Luterani”, quelli svizzeri “Calvinisti”. Si possono fare i paragoni preferiti e avanzare le tesi più ardite, teologiche o no. Però i cattolici di Roma non si sono mai identificati in alcun papa e questo dà una grande garanzia e ne ha data anche in epoche di smaccato nepotismo. I cattolici dicono: “morto un papa se ne fa un altro!”. Sembra disprezzo, invece è saggezza, perché esprime tutta la dimensione dell’umano e del transeunte, cui soggiace anche il Vicario, ricevuta in eredità dalla storia dell’impero romano, stabile e incrollabile nonostante la rapida successione dei suoi Cesari. Non dicevano forse i francesi, finché hanno amato i loro re: “Le roi è mort; vive le roi”? Se non fossi cattolico, preferirei essere ateo, piuttosto che “protestante” (ma dopo cinque secoli non sono stufi di protestare?) o luterano o calvinista, che si identificano in uomini. A che religione potrei mai appartenere, se mi dicessi borgiano o piccolominiano o roncalliano o montiniano?