È condivisibile il giudizio dell’economista E.M. Phelps Brown, in “Sottosviluppo della teoria economica”, che l’economia è essenzialmente storia dei fatti e delle idee. Però ne deriva che la sua comprensione ne esige la storicizzazione, con la conseguenza che, per esempio, non si può più insegnare l’economia insegnando Keynes, come purtroppo hanno fatto e continuano a fare i nostri docenti universitari, anche perché il mondo è cambiato. Non sono cambiati, invece, i nostri santoni dell’economia, che sono fermi a Keynes, per motivi ideologici e perché stare seduti sulle idee consolidate fa sudare di meno, se no l’origine etimologica di “cattedra”, che è “sedia”, verrebbe smentita e un simile affronto alla linguistica non si fa. Però, è una sciocchezza, altrettanto pericolosa come vedere l’economia con gli occhiali di Keynes, dire che Keynes è superato, poiché non può essere superato ciò che già appartiene a un altro mondo o, per dirla con Kuhn, a un altro “paradigma”. Può essere studiato e apprezzato. Farlo vivere o rivivere è impossibile. La storia avanza e macina fatti, uomini e idee, che quando non sono espulsi, sono metabolizzati e, qualche volta, nasce un classico, cioè uno di cui tutti parlano senza averlo capito.