L’Italia è un paese di spioni. Basti pensare che, secondo certa stampa, sarebbero 20 milioni gli schedati e, stando anche solo al gioco delle probabilità minime, quanti di noi sono intestatari di un dossier (non è certo bancario gonfio di BOT e CCT) presso un intelligence? Che poi si fa più presto la conta, se si dice: quanti non lo sono? Ogni tanto li distruggono. Come? Ma mettendo un bel timbro “distrutto” sulla prima facciata della cartella. Più chiaro di così! Se lì c’è scritto “distrutto”, vuol dire che il fascicolo “non c’è più”, è chiaro… no? come la “La lettera scarlatta” di Hawthorne o il fiore di giglio sulla spalla di Milady nei “Tre moschettieri” di Dumas, o la “P” di “primario” sulla papalina del chirurgo Parenzan! Ogni fantasia o ironia cinematografica sono superate dalla realtà. A che serve? Non si sa. Per forza: se si sapesse a che servono, che informazioni di intelligence sarebbero mai? Qualche volta i nostri spioni, che sono più efficaci di quanto non si pensi, pure ci azzeccano. Il guaio è che nessuno ci crede. Per esempio, l’8 agosto vengono a sapere che a Mosca ci sarà un attentato. Subito informano il KGB (non sono aggiornato: forse ora si chiama con altro acronimo, ma è sempre quello di prima, anzi ora è protetto direttamente da Zarputin). Pare che non ci abbiano creduto. Dopo poche ore scoppia una bomba nella metropolitana russa: strage. A che è servito? E poi le informazioni sono sempre raccolte da due persone e qualcuno, scherzandoci sopra non senza cattiveria, dice che è perché una è capace di leggere e l’altra di scrivere. Questo è il modello generale di tutto il meccanismo burocratico. Io lo chiamo “modello pattuglia” e vale anche per il governo. Guardiamoli attentamente i signori ministri. Eccetto Amato, che, almeno secondo i figli di Craxi, è capace sia di leggere e sia di scrivere, gli altri vanno in pattuglia. Per esempio: pensiamo un attimo al ministro Bianco e al ministro Zecchino, dal medico: fuori la lingua (due metri), dica 33 (trentatremilionitrecentotrentatremilatrecentotrentatre). Gente capace di parlare, dotata di lingua, non c’è che dire. Quanto ad ascoltare, pare che facciano solo di testa loro e si vedono i risultati. Ma non c’è pericolo. Possono sempre affiancarsi il ministro della Pubblica Istruzione De Mauro e il viceministro Giarda, che madre natura ha fornito di adeguati padiglioni. Capterebbero il sussurro di un ventriloquo. Gente che sa ascoltare, non c’è che dire. Così si possono mettere insieme le pattuglie. Cittadino affrettati a ingoiare il codice fiscale e ricordati: in Italia solo due persone sono sfuggite veramente all’intelligence, governativo e non: lo smemorato di Collegno, per motivi di amnesia e il “Fu Mattia Pascal”, perché l’umorista Pirandello lo fece andare al suo proprio funerale.