Diciamocelo con franchezza: non dovrebbe essere costituzionalmente ammissibile che un governo giuri in un giorno diverso dal 14 febbraio. A parte il fatto che ciò garantirebbe a un governo la durata minima di un anno, sarebbe anche molto romantico, direi “consono”; perché in quel giorno tutti giurano “per semper” “più di ieri e meno di domani” e altre frasi rosa da cartina dei cioccolatini. Magari i “valentini” dopo pochi mesi si separano con restituzione dei reciproci aureodoni, quando va bene; quando va male ci scappa il morto, così tanto per passare dal 14 febbraio al 2 novembre e dalla panchina del parco all’hotel Regina Coeli. Ma i ministri no! E ciò si spiega: i loro giuramenti non sono tra essi uomini, ma tra ciascun “esso” e la sua poltrona. Lì non esistono tradimenti. Sarebbe come insultare la nobile parte che si posa sul velluto rosso in un paese che è riuscito a mettere la dietrologia al posto della filosofia. No! Non sarebbe nemmeno pensabile. Prima l’aderente coerenza… please!