La delazione sin dai tempi dell’impero romano è stata considerata una pratica vile esercitata da spioni prezzolati e propensi alla calunnia. Basti ricordare Tacito, che negli Annales scrive: «Delatores, genus hominum publico exitio repertum, et poenis quidem numquam satis coercitum, per praemia eliciebantur». Così anche Svetonio e Plinio il Giovane. Sotto alcuni imperatori la delazione era, invece, punita indipendentemente che fosse o no calunniosa. Al tempo dell’imperatore Severo e specificamente in materia fiscale, non il delato ma il delatore doveva fornire la prova della sua denunzia. La pratica della delazione era stimolata nella Repubblica di Venezia, come attesta il mascherone che, come una buca per le lettere, ornava Palazzo Ducale per accogliere le denunzie degli spioni. Non è un caso che il termine abbia un significato negativo nel “Dizionario della lingua italiana” di Niccolò Tommaseo. Chi ama la musica di Gioacchinmo Rossini ricorda senz’altro la famosa romanza: “La calunnia è un venticello…”
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In una democrazia perfetta, che è un’astrazione almeno in Italia, non mancano criminali, approfittatori, truffatori, consumatori di delitti di ogni genere, evasori fiscali (in Italia abbondano), perché la perfezione non è di questo mondo. Ma uno stato serio non rinuncia al compito istituzionale di ricercare direttamente chi viola le norme da esso emanate e imposte. Se l’evasione è giustamente considerata un reato, gli evasori, che agiscono a danno della collettività, se li deve cercare lo stato, come per gli altri delitti, funzione che non cede a nessun agente privato, fino al punto di contrastare le “ronde volontarie” e disarmate. Lo stato ha sovranità e forza adeguate come ci insegna Carl Schmitt. Infatti, perché lo stato non cede le funzioni investigative ad agenzie private, che sarebbe come ipotizzare l’abolizione dell’arma dei carabinieri e lo scioglimento della polizia di stato? Perché sarebbe una ammissione di incapacità a realizzare fini costituzionali. Se lo facesse saremmo alla cattura dei vari Wanted dai “cacciatori di taglie” o bounty killer, cioè a una democrazia da Far West, che non è una situazione tanto diversa da quella in cui lo stato pagasse i delatori per scoprire l’evasione. Perché pagare il delatore fiscale e, invece, mandare a processo il poliziotto o il benzinaio che si difendono dagli assassini, con imputazione di eccesso di legittima difesa? Perché accanirsi contro l’evasione, che è un reato economico, premiando lo spione e, invece, perseguire o contrastare chi si offre gratuitamente di sorvegliare per prevenire reati di sangue? La democrazia è una raccolta di asimmetrie? Non dovrebbe esserlo e quando lo stato paga i delatori ammette di non essere in grado di svolgere un suo compito irrinunciabile e di essere alla frutta. Ovviamente, facciamo applausi agli agenti fiscali, più o meno in divisa, che aspettano al varco gli evasori a Cortina, Roma ecc.. Però con una domanda: ma queste smargiassate non dovrebbero, invece, essere la norma? Dove stavano rintanati e cosa facevano prima tutti questi sceriffi di Nottingham? Non è forse questo il motivo per cui si continua a parlare di evasione da generazioni, senza che il problema sia mai stato risolto? Non è che tutto è destinato a goccia in un bicchier d’acqua? Al “tanto tuonò che piovve”? E che aspettarci da vaste zone del Meridione dove regnano mafie, cosche, camorre e corone? Che i delatori si facciano avanti? Ma per piacere! Vogliamo far ridere i polli?
È allo studio in questi giorni una proposta che sia riconosciuta ai delatori una taglia contro gli evasori, che noi vorremmo scovati dagli scherani del principe e non dagli acrimoniosi e invidiosi o dalla moglie cornuta o dai figli contro i padri che rifiutano il soccorso in acquisti di droga. A quel punto la suprema moralità dello stato, che è il fondamento della democrazia, sarebbe infranta per sempre. Quale valore deve essere prioritario: la lotta all’evasione o la moralità dello stato? Per una risposta dobbiamo analizzare almeno alcuni punti:
a) non si deve confondere la denuncia di un crimine in flagranza con la testimonianza successiva di un fatto, il tutto secondo regole procedurali dettate dalla legge. Il cittadino A che sta per ammazzare il cittadino B, non va posto sullo stesso piano di chi consuma una evasione contro lo stato. Per rendersene conto dovremmo pensare all’eventualità di una presenza testimoniale in un’aula di giustizia. Colui che conosce la verità di un crimine è in genere disposto a deporre, a meno di minacce mafiose. Ma se si trattasse di una evasione, i delatori sparirebbero per evitarsi il dibattito in un’aula di giustizia. Facile trincerarsi dietro lettere o telefonate anonime, ma non sopportare le angustie di una testimonianza. D’altra parte il delatore dovrebbe scoprirsi per incassare la taglia e armarsi di un coraggio da leoni, che è specie animale in estinzione, ma se lo stato dopo averlo pagato anche lo copre si comporta come il Sinedrio con Giuda Iscariota;
b) un paese di delatori si rivela alla fine senza alcun collante sociale; uno stato tipo “Terrore” della tanto celebrata Rivoluzione francese o dei regimi nazisti o stalinisti o dell’imperatore cinese Wu-Ti, che nel 1° secolo a.C. pagava delatori e spioni degli evasori, costretti all’evasione dalla insopportabile pressione fiscale.
Non si conosce ancora il contenuto della proposta del governo montiano e ci si deve augurare che l’evasione sia perseguita a dovere senza ricorso al sistema della delazione, in cui non facciamo rientrare eventuali collaborazioni informatiche di altri enti pubblici per incrociare dati informatici o fatti notori. Già dovrebbe essere un loro dovere e se di dovere si tratta non vanno mai remunerati.
Sappiamo della fine di Giuda Iscariota, il più noto delatore della storia con l’aggravante di aver denunciato un innocente, che aveva suggerito di “dare a Cesare quel che è di Cesare”. Suicidato. E Robespierre? Ghigliottinato. E la Stasi e il KGV? Travolte dalle macerie del crollo del Muro di Berlino. Per non parlare di tutte le altre polizie segrete, che fanno parte della storia delle tirannie e non certo delle democrazie.
Attenti governanti: l’evasore non paga, ma il delatore non deve incassare.
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