Ghéra na olta Piero se olta èl s’è oltàt èl s’è pirlàt èl s’è pö troàt. Fino all’avvento della cattività televisiva i bambini lombardi, non ancora legati come la tastiera al monitor, socializzavano girando in tondo con una cantilena, che, tradotta in italiano, suona press’a poco così: “c’era una volta Piero si volta; egli si è voltato, si è rigirato e non si è più ritrovato”, dove il verbo icastico è pirlàt – qui reso con “rigirato” – da cui il milanesissimo epiteto pirla. Poiché pare che l’ “Inno di Mameli” non piaccia più, si può proporne la sostituzione con la cantilena del “Piero si volta”, che, oltre alla brevità, alla facile memorizzazione ed alla mancanza di costi per musici e discografici, ha il pregio della veridicità, se non in riferimento al popolo, almeno ai suoi ineffabili rappresentanti politici, che hanno fatto del trasformismo la loro ragione di sopravvivenza, quindi di vita. Il problema della coerenza politica è molto grave e deve essere affrontato con senso di onestà intellettuale per non cadere in una critica scettica o qualunquistica. Sono in atto trasformazioni, che sono tanto benemerite perché volte a trarre l’Italia dal conservatorismo generato da un cinquantennio di consociativismo politico, anche madre di tutte le “tangentopoli riunite”. Se siamo tanto distanti dalle altre democrazie occidentali più avanzate non tanto per sistemi elettorali maggioritari e bipolari, quanto per una diversa civilisation politique o, per dirla con i tedeschi, zivilisation, è perché ci siamo arenati in un bipolarismo sterilmente ideologico: fascismo-antifascismo, tra l’altro sbilanciato da una egemonia cattocomunista, che si è anche spacciata per perbenismo e intellettualismo. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e gli sforzi per uscire dall’autoghettizzazione sono sempre da benedire e da considerare con saggia pazienza, perché nel percorso verso un nuovo assestamento saranno compiuti errori e digressioni. Tutto è sopportabile se si tratta di errori compiuti in buona fede. I buoni frutti dei tentativi di costruire una vera destra e una vera sinistra sono nelle speranze di tutti quegli italiani disposti anche a sacrifici pur di costruire un avvenire migliore a figli e nipoti e i sacrifici più pesanti sono quelli che richiedono alcune rinunzie al rigore assoluto della propria ideologia, della passione politica e della intolleranza a favore di una miglior convivenza civile, una solidarietà veramente sociale. L’intolleranza è la compagna indissolubile della fede nelle proprie idee e nella convinzione della loro validità. Attenuarne la carica è sempre una perdita per tutti, avversari compresi, perché ne va della passione, che, pur con una certa dose di irrazionalismo, tiene in piedi l’uomo nella sua essenza, che sta sopra la fredda ragione. Se si disegna la scala discendente: razionalità, ragionevolezza e irrazionalità, si tratta di fermarsi al centro. Ma alcuni politici, nell’impossibile tentativo di recuperare una identità ormai perduta, non si sono certo fermati in mezzo e sono andati oltre la stessa irrazionalità, ma oltre c’è solo il ridicolo e il ridicolo va trattato per quello che è, appunto con la cantilena del “Piero si volta”, alla fine della quale, come in ogni girotondo, i bambini, per dare immagine teatrale al pirla, si buttano per terra. Il “Piero”, a forza di rigirarsi, alla fine non si è più trovato, come un cane che vorrebbe ancora mordersi la coda che si è già prima mangiata. È il destino di politici alla guida di formazioni minori, che rinviano all’orto botanico più che alla politica vera, che fanno patti con tutti, dimenticando di stipularne uno con se stessi. Le vie della politica non sono rette, ma c’è un limite alla doppiezza. Chissà, forse presto avremo solo missini “raffinati”, democristianosauri imbuttigliati, leghisti ammosciati, comunisti dializzati, forzisti devitaminatizzati. Speriamo che restino in giro un po’ di italiani, ma soprattutto tanti bambini, che per memento tornino a cantilenare le avventure del Piero.