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Correva l’anno di grazia 2006. A Palazzo Chigi si barcamenava il ciclista Prodi mentre il suo vice con baffo ferrigno menavabarca nelle acque di Gallipoli. Con la benedizione del ministro per l’economia TPS in Kostoris, nella finanziaria per il 2007 (Legge 206/2006, art. 1, commi da 280 a 283: una “lenzuolata di commi” direbbe Bersani, il filosofo-chierichetto prestato all’economia) i neo lib-lab governativi infilarono, come incentivo, la concessione di un credito d’imposta destinato a tutte le imprese che fanno ricerca, per il 10% dei costi sostenuti (il 15% se in collegamento contrattuale con università) e con un limite massimo di 15 milioni di euro (50 se con contratti con università) di spesa sul bilancio pubblico per ciascun periodo d’imposta.

Per l’attuazione era prevista l’emanazione di un atto (CREDITOFRS), che solo il 29 dicembre 2008 ha visto finalmente la luce in forma di provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, scaricabile dal sito Internet dell’Agenzia e a valere fino all’assobimento dei 2 plafond per ciascun periodo d’imposta.

Il Direttore ha poi aperto la gara disponendo che la trasmissione via Internet dei formulari poteva decorrere dalle ore 10 del 6 maggio 2009. È accaduto che i più rapidi smanettoni di Internet sono riusciti a bruciare tutti i 50 milioni nel giro di 32 secondi. Gli altri, quelli abituati alla carta stampata dei giornali: nisba!

Una volta c’era la legge del più forte, oggi quella del più lesto…fante. Pare giusto, noh? Anche perché la vita è breve e si gioca ormai sul filo dei secondi e chi si ferma è perduto, come diceva quel tale di Predappio, che non stava mai fermo e fu fottuto lo stesso!

Ora a Bologna, la città del rosso, più vivo e vivace di un galero cardinalizio, vogliono far causa all’Erario. Bah! Perché l’Erario, che ha le tasche vuote, e non Berlusconi e Tremonti che ne hanno le tasche piene? Semmai si può criticare il superministro Tremonti, che tiene ben allacciati i cordoni della borsa anche ritardandone l’apertura quanto più a lungo possibile. Il che porta a constatare che cambiano i governi, ma la velocità della burocrazia è sempre inferiore a quella della lumaca… quando fa comodo.

Immagino che gli industriali bolognesi, più rossi dei loro operai, non si rendano conto di due fatti:

  1. se esiste un tetto di spesa stabilito per legge, solo una nuova legge può rimuoverlo. Quanto alle modalità, che poteva mai fare di diverso il Direttore dell’Agenzia se non stabilire una graduatoria basata sul tempo delle domande? Non è una novità. È sempre stato così, anche con il governo Prodi, tanto amato dai tanti che hanno il cuore a sinistra e il portafoglio a destra;
  2. le domande giunte fuori tempo massimo non restano escluse per sempre come accade al Giro d’Italia, perché la norma riconosce che il credito non soddisfatto in un esercizio si trasferisce al successivo, quindi non va perduto l’effetto domanda.

Non vorrei dare consigli agli industriali petroniani, anche perché non richiesto e il primo gran risparmio si fa col fiato. Però voglio ricordare che l’italiano, popolo non filosofo ma non scemo (capito Bersani e Tremonti?) ha imparato nei secoli a guardare allo Stato con le mani davanti al coccige: una aperta per prendere quel che passa il convento, l’altra a palmo verticale bel allargato per prudente protezione.

 

Pietro Bonazza