La sentenza di appello per l’uccisione di Marta Russo ha scatenato la solita ridda di giudizi sul giudizio. Hanno pontificato in tanti sulle pagine dei quotidiani, nelle interviste televisive, nei circoli degli opinionisti. Ho letto anche questa affermazione: « Come avviene in ogni processo, compito del giudice non è accertare la verità dei fatti (che non sono né veri né falsi: sono accaduti oppure no), ma la verità delle ricostruzioni dei fatti prospettati da accusa e difesa in contraddittorio, davanti a un giudice terzo e indipendente.» Spero che questa definizione di giustizia sia solo una opinione personale dell’autore, perché, se fosse la regola, ci sarebbe da perdere la testa. Che vuol dire “non la verità vera” ma “la verità delle ricostruzioni”? Quest’ultima locuzione si risolve in una contraddizione. Ammettiamo pure che il giudice non cerchi la verità, però non esiste una verità della ricostruzione; esiste la ricostruzione, che può essere anche falsa e quando il giudice non crede né alla ricostruzione dell’accusa né a quella difesa, che fa? Tira in alto la monetina? Può darsi che accada! Può darsi che il giudice smentisca le due parti e dia una sua verità. La ricostruzione è solo strumentale a un oggetto: la verità. Se il processo è fatto per altro scopo che non sia la verità, non ci interessa più, come cittadini, di avere una giustizia che sul bilancio dello stato grava per migliaia di miliardi ogni anno. Sarebbe preferibile andare a teatro dove la “rappresentazione” è l’unico scopo.