Si legge che Bertolt Brecht, il drammaturgo tedesco tanto caro ai radical chic di qualche anno fa, inventò una tecnica scenica che induceva lo spettatore a non farsi coinvolgere con il palcoscenico. Si parla, in tal caso, di estraniamento, che, diversamente dalla alienazione, di significato marxiano negativo, e dall’autoavulsione di Diogene di Sinope, il filosofo cinico che rifiutava tutto e preferiva il sole all’ombra di Alessandro Magno, mantiene, invece, al soggetto “estraniato” una posizione di giudicante di ciò che cade nel suo raggio di osservazione. Viene in mente la metafora in uso nei libri di catechismo preconciliari in tema di libero arbitrio: Dio è come un soggetto che sta su una collina e vede sulla strada sottostante due automobili che si incrociano e si scontrano su un tornante; se i guidatori non fossero ciechi, ubriachi o incapaci, potrebbero anche evitare l’incidente, ma, siccome sono liberi di non aprire gli occhi, di bersi persino il bicchiere e di guidare senza patente, si fanno male con le loro stesse mani e Dio, che rispetta la libertà, non interviene. Vorrei suggerire agli amici un giochetto che mette insieme l’estraniamento con un aforisma di Georg Christoph Lichtenberg: ” Quell’uomo aveva tanta intelligenza che quasi non lo si poteva più utilizzare in niente al mondo. ” Estraniamoci e guardiamo gli uomini tanto intelligenti che ci passano davanti e chiediamoci se possiamo utilizzarli in qualcosa al mondo. Poi andiamo a votare. Chissà se quando le centrali dei DS hanno bocciato Amato come conducator dell’Ulivo2 alle prossime elezioni, preferendogli il più piacente Rutelli, hanno emesso un giudizio di intelligenza. Ma, se è così, perché Amato non ha gradito? In fondo, essere giudicati intelligenti, ti rende forse inservibile, ma non deve dispiacerti.