Che cosa sono le “istituzioni”, non intese nel senso dell’art. 12 del codice civile, ma in quello socio-politico però radicato nell’ordinamento giuridico (1) ? Sono qualcosa di più e più alto di un ordine, di una funzione, di un potere, di un servizio. Esse rappresentano separatamente e congiuntamente, l’unità dello stato. Sono, o meglio: dovrebbero essere, un punto di riferimento per i cittadini, che in esse trovano espresse le costituenti e le componenti della nazione. Come a dire che le istituzioni hanno anche la funzione di unire i cittadini, che, non solo nella lingua comune (la koinè dei greci), nella storia passata, nel vivere il presente e nell’ideare, programmare e realizzare il futuro, si ritrovano in quello che Cicerone chiamava l’idem sentire. Così la scuola non dovrebbe essere solo un servizio per l’apprendimento dei giovani, ma anche un luogo ideale dove questi sperano insieme di realizzare il loro futuro di lavoro e di studio; la sanità non solo un servizio di cura di corpi malati, ma un luogo dove in comunità si spera di poter riprendere la salute; le forze armate, non solo un complesso di esercitazioni fisiche e guerriere, ma un luogo ove si considera che la patria, terra dei padri, debba essere difesa materialmente e idealmente; l’aula di giustizia non solo un luogo ove si pretende di affermare enfaticamente che “la legge è uguale per tutti”, ma ove la parola giustizia cessa di essere uno slogan per diventare una realtà che, difendendo l’honeste vivere, rende attuale e concreto l’alterum non ledere e il suum cuique tribuere. Invece, le istituzioni, quando sono politicizzate come in Italia, diventano motivi e occasioni continue di divisione dei cittadini. Se così è, meglio non avere istituzioni. Nel niente può porsi la speranza di realizzare quel che ancora non c’è; nel negativo c’è, invece, un nichilismo che impedisce proprio l’idem sentire, perché cancella l’idem e toglie motivi al sentire, alimenta un individualismo spinto, che è una specie di bricolage del vivere sociale. Viene meno ogni solidarietà e si enfatizza l’egoismo materiale, che eleva il guadagno a surrogato di finalità ideali. La solidarietà, parola che riempie la bocca di tanti furbi e di non meno numerosi utili idioti, non è solo il soccorso, spesso ingenuo o peloso, a popolazioni in difficoltà in angoli lontani del mondo, ma è, prima ancora – e sia detto senza egoismi – un’assistenza reciproca fra i membri di uno stesso gruppo; una traduzione in termini civili del comandamento cristiano “ama il prossimo tuo…”, ove “prossimo” significa proprio chi sta nelle vicinanze materiali e ideali. La parola solidarietà è termine di origine giuridica, come la parola “istituzione”. Allora, non è pretendere troppo, soprattutto se si vuol coltivare l’orgoglio giustificato di vivere in democrazia, che le “istituzioni” avvicinino e non dividano i membri del gruppo, che costituiscono il “prossimo” in senso civile. Le “istituzioni” sono parte integrante dello Stato. Si potrebbe dire: sono lo Stato; anzi, è “doveroso siano lo Stato” e contribuiscano a “non dividere la Nazione, anzi a realizzarla”. Questo è un pensiero minimale rispetto al concetto di Giovanni Gentile, per il quale è addirittura lo Stato che crea la Nazione (2) , come ben si apprende studiando quel testo-testamento, che non condivido ma non posso ignorare, summa del pensiero gentiliano: Struttura e genesi della società. Mi basta molto meno, ma ho il timore che a forza di accontentarsi si finisce per avere la democrazia dissociata che abbiamo, come se per certe entità sociali o si persegue il tutto o si finisce per avere un niente. Viene in mente la constatazione dei biologi: per molte specie (forse per tutte) c’è l’estinzione, se i membri scendono sotto un certo livello o numero. E i sociologi che dicono, visto che la sociologia, almeno secondo Durkheim (3) , è “scienza delle istituzioni”?

 

Note: (1) La parola “istituzioni” è una delle più ricche di significati, ma qui significa un complesso coordinato di funzioni che, pur riconducibili per il loro svolgimento concreto e normativo a un ministero o comunque a una pubblica amministrazione, perseguono finalità socio-politiche, che realizzano lo Stato, inteso come aspetto giuridico della nazione, la quale è essenza e etica del gruppo umano che vi si identifica e in essa si ritrova nei suoi molteplici e correlati aspetti comuni.

(2) Giovanni Gentile, Struttura e genesi della società , cap. VI, pag. 57, Firenze, 1994.

(3) Si veda anche di Max Weber, Economia e società, in particolare vol. III “Sociologia del diritto”, pagg. 68 e segg., Milano, 1995.