Il cardinal Ruini, porporato eminente uso a muoversi con passo felpato, non ha avuto mezzi termini nell’esporre al Consiglio permanente della CEI, riunito nei giorni scorsi, l’analisi della attuale situazione economica italiana. Dopo aver parlato di ripresa economica debole, necessità dello sforzo collettivo dell’intero sistema Paese, della necessità di investimenti strategici, l’attenzione al Sud e al rilancio delle strutture produttive, ecc., ha aggiunto anche la necessità della: «difesa del potere d’acquisto delle famiglie con una lotta decisa all’aumento dei prezzi, come pure ai molti sprechi, che tuttora si verificano nella pubbliche amministrazioni ». L’intervento non fa una piega, è puntuale, non metafisico e cade in un momento di contrasti sulla politica economica da adottare in Italia, talché ci sarebbe da rammaricarci che, invece del Vicario romano, non faccia il Ministro dell’Economia. Le affermazioni oggettive, precise e condivisibili da ogni uomo di buon senso, sono esternate negli stessi giorni in cui il Capo del Governo italiano si sgola a dire agli italiani che bisogna ridurre il carico fiscale per lasciare ai contribuenti più capacità di spesa e stimolare la domanda di consumo. Il pensiero subito corre alle conclusioni: ma il cardinal Ruini sta con Berlusconi o contro? La domanda è sciocca (ma qualcuno se l’è posta), perché non si può pretendere che un porporato precisi con chi sta. Chi ha orecchie intenda e le conclusioni le traggano gli interessati: sia che remino pro o contro il Berlusconi. Giustissimo. Sennonché, quando un uomo di Chiesa parla di economia, i problemi si complicano e le domande si moltiplicano. Ne prendiamo solo due:

perché quell’intervento? Con tutti i problemi che ha la Chiesa italiana, perché un personaggio eminente si preoccupa della spesa e del reddito degli italiani, se la Chiesa combatte da anni contro il consumismo? La Chiesa è sempre stata pauperista. E ora? È una nuova interpretazione della sollicitudo rei socialis? Perché alimentare il dubbio dei nemici della Chiesa che – Cicero pro domo sua – aumentando il reddito degli italiani aumenti il gettito dell’otto per mille?

il cardinal Ruini è cittadino italiano e non ha minori diritti di parola di un qualsiasi votante. Ci mancherebbe! Ma, allora, bisogna aver attenzione a parlar chiaro, proprio perché si tratta di argomenti di politica economica, con cui, diversamente della metafisica, non sono consentite incertezze di riferimenti.

Il fatto che il Berlusconi stia cercando di imporre a fatica, persino con gli alleati, una politica di riduzione del carico fiscale, crea un qualche problema interpretativo e alimenta la domanda: il discorso del cardinale è a favore o contro? E il Prodi, fiore sbocciato in quel di Reggio Emilia, dove lo lasciamo? Nessuno ha imposto di trattare quel tema, quindi l’obbligo di dire con chiarezza con chi sta la Chiesa italiana non è una scelta nostra.

Una soluzione c’è: nel dubbio, ignorare. Ma noi crediamo che il cardinale desiderasse udienza e, se così è, una qualche conclusione bisogna pur trarla, senza pretendere conferme o smentite, che fanno parte del rituale dei politici nostrani.

Ci sfuggono i motivi che hanno spinto Sua Eminenza a trattare quel fastidioso argomento in un momento tanto delicato, ma i Vescovi presenti al Consiglio non potranno non far rimbalzare nelle sedi ecclesiastiche periferiche il messaggio ricevuto. Capito? Noi, che lavoriamo da una vita tante ore ogni giorno dell’anno, sappiamo che non ci riguarda, perché ad impossibilia nemo tenetur. A incominciare a remare devono pensarci i lazzaroni e quelli dalle mani bucate soprattutto con danaro pubblico e questo ci dà la forza di affermare che non abbiamo bisogno di stare né con Berlusconi, né con i suoi poco affidabili alleati, né con i suoi cinguettanti e livorosi avversari, che a forza di inutili chiacchiere stanno esaurendo la scorta di voce.

 

Pietro Bonazza