Lo scetticismo, negando la conoscibilità della verità e, quindi, affermando l’impossibilità di una qualsiasi scelta tra il vero e il falso, è una contraddizione nella sua premessa ontologica, perché asserire che non esiste alcuna verità assoluta significa che anche questa asserzione può essere falsa perché il falso del falso è solo un paradosso per affermare che se il falso è falso, quindi è vero, allora l’argomento scettico si autoesclude, in quanto urta contro il principio fondamentale della logica classica. La dimostrazione della contraddizione risale alla nascita dello scetticismo, ma non comporta necessariamente la rinuncia dello scetticismo, che, come certe medicine o certi veleni, se preso in giusta dose, è una grande salute dello spirito. La dimostrazione più convincente ci è data da Montaigne, che scrisse i “saggi”, perché era scettico in saggia misura.
Queste riflessioni si leggono in molte storie della filosofia. Ma un’asserzione non ho ancora letto e cioè che esistono tanti scetticismi quanti sono gli scettici e ciò per definizione. Infatti, lo scettico è scettico che possa esistere uno scettico al pari di lui. Quindi ogni scettico resta un unicum. Ma se vuol essere coerente con se stesso, deve mettere in dubbio anche se stesso. E, allora, non resta più niente!
Di fronte all’argomento antiscettico, l’asserzione dello scettico, cioè del “resistente” alla verità, si può così riassumere: “Asserisco che non esiste alcuna verità assoluta, cioè valida senza limitazioni, e che tuttavia questa mia asserzione è valida”. L’esperto di logica troverà subito che l’aspetto paradossale di questo enunciato deriva dal fatto che esso viola uno dei principi fondamentali della logica classica, quello detto del “terzo escluso”. Esso sostiene che “se vi sono due proposizioni che si contraddicono, è necessario che una di esse sia vera e l’altra falsa”. Qualora ciò non accada, le due proposizioni enunciate contemporaneamente sono prive di senso. Quindi la proposizione fondamentale di ogni scetticismo sarebbe priva di senso.
Dopo tutti questi viluppi e lambiccamenti cerebro-esistenziali, l’unica soluzione è una filastrocca che un tempo cantavano i bambini bresciani del popolo in girotondo e suonava all’incirca così: “Ghéra na olta Piero ‘l se olta, ‘l s’è oltàt è’l s’è pö troàt” (C’era una volta Piero che si volta, si è voltato e non si è più trovato). Vox populi vox dei!