Fusione in base al bilancio: art. 2501-quater cod. civ.: richiami giurisprudenziali

 

La versione aggiornata dell’art. 2501-quater cod. civ., che riprende senza sostanziali modifiche l’art. 2501-ter vigente in anni anteriori al D.Lgs. n. 6/2003, prevede che per la fusione di società:

(comma 1) l’organo amministrativo delle partecipanti all’operazione redigano, “con l’osservanza delle norme sul bilancio d’esercizio, la situazione patrimoniale delle società stesse, riferita ad una data non anteriore di oltre centoventi giorni al giorno in cui il progetto di fusione è depositato nella sede della società […]

(comma 2) La situazione patrimoniale può essere sostituita dal bilancio dell’ultimo esercizio, se questo è stato chiuso non oltre sei mesi prima del giorno del deposito […] indicato nel primo comma […]

(comma 3) La situazione patrimoniale non è richiesta se vi rinunciano all’unanimità i soci […].

Si fanno tre osservazioni:

  1. la situazione patrimoniale di cui al comma 1, pur redatta secondo le norme sul bilancio d’esercizio, è solo lo stato patrimoniale del bilancio (art. 2424 cod. civ.) e, quindi, non comprende anche il conto economico (art. 2425 cod. civ.) e, proprio perché non è un bilancio completo, non deve essere anteriore di oltre centoventi giorni; cioè: essendo solo una parte di un bilancio viene concesso un minor termine di due mesi;
  2. è consentito, in equipollenza, il riferimento al bilancio di esercizio, se questo è stato chiuso non oltre sei mesi prima del giorno del deposito presso la sede sociale; cioè: viene concesso il maggior termine di due mesi, perché il bilancio fornisce più informazioni rispetto alla situazione (stato) patrimoniale. Si sottolinea che i termini sono a ritroso rispetto al deposito del progetto di fusione presso la sede sociale e di cui sia la situazione patrimoniale e sia il bilancio sono corredo;
  3. la continuità dell’art. 2501-quater rispetto al precedente 2501-ter consente di richiamare le esperienze anteriori all’attuale norma.

Si constata che la legge non impone che il bilancio, alternativo alla situazione patrimoniale, debba essere anche approvato preventivamente dall’assemblea, perché:

a)      come la situazione patrimoniale è redatta dagli amministratori senza approvazione dell’assemblea anche il bilancio potrebbe essere la proposta degli stessi depositata per il  vaglio assembleare e, quindi, in attesa di approvazione;

b)      l’equipollenza non richiede eguaglianza, ma pari idoneità delle due fattispecie a raggiungere l’unico scopo, che è la informazione ai soci dei valori che compongono la struttura patrimoniale-finanziaria della società, al fine di valutare eventuali concambi, quando la incorporanda non è detenuta totalmente dalla incorporante, perché in tal caso non ne esisterebbero;

c)      diversamente argomentando, significherebbe consentire la fusione solo dopo formali approvazioni del bilancio, quando la situazione patrimoniale alternativa, invece, non lo richiede. Per esempio: non sarebbe possibile l‘operazione se l’assemblea straordinaria che approva la fusione avvenisse trenta giorni dopo dalla ordinaria che approva il bilancio; il che è sicuramente in contrasto con il sistema di semplificazioni, che il legislatore ha introdotto per le operazioni straordinarie anche in adeguamento a norme comunitarie, come si evince dalla rinunciabilità del termine ex art. 2501-ter, comma 3, cod. civ.

In proposito si ricorda che l’art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 1991, n. 22, ha inserito nel codice civile l’art. 2501-ter, il cui terzo comma recitava: «La situazione patrimoniale può essere sostituita dal bilancio dell’ultimo esercizio, se questo è stato chiuso non oltre sei mesi prima del giorno del deposito…». Tale norma è scivolata, letteralmente intatta, quale comma 2 nell’art. 2501-quater attualmente in vigore. Si osserva che dopo la locuzione “ultimo esercizio” il legislatore non ha scritto l’aggettivo “approvato” e poiché nulla è cambiato, la giurisprudenza anche anteriore al D.Lgs. 6/2003 può essere tuttora un punto di riferimento. Cosicché la continuità sostanziale nel tempo della norma consente di richiamare per la sua chiarezza la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia 18 agosto 1998, la cui massima, proprio in relazione all’equipollenza del bilancio non anteriore di oltre sei mesi, conclude: «… ma non richiede anche che il bilancio sia stato approvato nelle forme di legge», così facendo corretta applicazione del principio ubi lex non dixit, noluit. Nello stesso senso si è pronunciato Trib. Napoli 16 ottobre 1998 (in Giur. Comm. 1999, II, pag. 565).

L’affermazione dei due giudici, emiliano e napoletano, è anche coerente con l’interpretazione ex art. 12 delle Preleggi sia sul piano grammaticale (non enunciazione di alcun obbligo) sia su quello sistematico, quale si desume dalla ratio che è ormai orientata a eliminare incombenti e condizionamenti solo di carattere formale, invece a favore di una sburocratizzazione a fini sostanziali. A favore della tesi si deve anche richiamare il comma 3 dell’art. 2501-quater, che consente la rinunzia alla situazione patrimoniale, se tutti i soci concordano all’unanimità e questa è una prova che il sistema di norme sulle operazioni straordinarie è orientato esclusivamente all’interesse dei soci, la cui conoscenza non è un obbligo, ma un diritto e deve trattarsi di una conoscenza sostanziale conseguibile con bilancio o situazione patrimoniale, che assumono, perciò, le caratteristiche dell’alternatività e dell’equipollenza. Cosicché non conta che il bilancio sia approvato preventivamente, diversamente anche la situazione patrimoniale non avrebbe caratteristiche formali sufficienti. Si rileva, ancora a dimostrazione della tesi della maggior libertà formale introdotta dalla riforma del D.Lgs. n. 6/2003, che, se lo statuto lo consente, le operazioni di fusione per le incorporazioni di società interamente possedute possono essere decise ex art. 2505 cod. civ. dagli organi amministrativi delle società interessate all’operazione.

Trascuriamo i riferimenti alle norme di comportamento di ordini notarili territoriali, perché chiaramente orientati alla prudente difesa dei rischi dei loro iscritti. Quindi, una comprensibile veteroprudenza senza ius.