Conferenza tenuta il 24 ottobre 2016 al “Centro iniziative di cultura politica Alcide De Gasperi” di Castegnato sul tema:

 

 

 L’ipertrofia della finanza e la difesa del risparmiatore

 

È meglio consumare o risparmiare?

 a)     Da un punto di vista individuale

La risposta dipende dalla definizione di risparmio, che possiamo sintetizzare in: ci asteniamo dal consumare oggi per consumare in futuro. Da qui la risposta: ognuno scelga il suo futuro. Il primo punto focale è il quando il futuro diventerà presente. Cioè il punto focale è il tempo.

 b)    Da un punto di vista collettivo

Il risparmio individuale attraverso la somma di tanti risparmi individuali affluisce alle istituzioni finanziarie   che lo redistribuiscono alle imprese che fanno investimenti. Ma in che cosa? Questo è il secondo punto focale che si abbina al primo, perché l’investitore deve porsi il problema di quando deve restituire.

 Come si può notare è sempre il tempo il denominatore comune dei due punti di vista.

Ma subito vengono due considerazioni:

–         l’astensione dal consumo è solo un temporaneo rinvio e ogni giorno nella grande massa del risparmio affluito alle istituzioni c’è una piccola massa di risparmiatori che intendono ritirare il loro consumo differito in passato come risparmio per tradurlo in consumo presente. Questo rientro che è con segno meno è rimpiazzato da un risparmio presente che intendiamo con segno +. Il saldo dei più e dei meno è il dinamismo del risparmio. Se il saldo è negativo (cioè in diminuzione) la possibilità delle risorse è inferiore, se è positivo (cioè in crescita) le possibilità di investimento sono in crescita e questo fa pensare subito che aumentando gli investimenti si aumenteranno i flussi di redditi futuri. Ma questa è una rappresentazione parziale e ingannevole, perché anche il consumo può alimentare indirettamente gli investimenti. Senza consumo la produzione langue e frena nuovi investimenti. Ma, come la storia economica insegna, non basta: è necessario che, se si vuol conseguire una crescita (attenzione alla differenza tra crescita e sviluppo!) tra risparmio e investimento si inseriscano, secondo il modello del Nobel Robert Solow: il progresso tecnico, l’organizzazione, l’efficacia delle infrastrutture, le leggi ben fatte¸ pensiamo, per esempio, alle due ruote dentate della bicicletta: se quella centrale non è di diametro maggiore di quella posteriore collegate dalla catena, non si ha crescita della velocità, e con l’attenzione al cambio;

–          la domanda se sia meglio consumare o risparmiare è ingannevole e può trasformarsi in una trappola, perché risparmio e consumo sono complementari per consentire un equilibrio economico e la componente tempo del parallelismo tra i due è essenziale. Mi sono chiesto più volte se si può richiamare la Legge di Lavoisier sulla conservazione della massa: “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.

Da qui due ulteriori domande fondamentali: a) perché si risparmia? b) come funziona la cinghia di trasmissione, cioè la catena della bicicletta?

 a) Perché si risparmia? Essenzialmente perché si teme una mancanza di risorse in futuro, quindi c’è una astinenza al presente e subito viene la risposta agli stimoli dei politici ad aumentare i consumi: è una politica inutile, perché il timore del futuro è un fenomeno che non è tanto psicologico e individuale, ma dipende dalle previsione dell’andamento generale dell’economia. Se manca la concreta possibilità di condizioni economiche di sicurezza futura è inutile sperare di poter convincere a consumare oggi.

Quindi la constatazione: il risparmio non va confuso con il denaro, perché, invece, è una virtù, anche quando è spinta da necessità o paura, e le virtù vanno premiate.

Si faccia una osservazione interlocutoria. Chi ha detto che il risparmio è una virtù?

Io senz’altro e con veemenza. Ma sono in buona compagnia, nientemeno che con Gesù (vedi “La parabola dei talenti” nel Vangelo di Matteo 25,14-30). Ma Gesù è andato oltre e ha parlato di risparmio con investimento fruttifero (5 talenti che diventano 10) mentre ha penalizzato quello infruttifero (1 che resta 1), perché resta sterile.

 Il premio porta a due domande:

                               i.            con che cosa premiamo la virtù del risparmio? Risposta: con l’interesse;

                             ii.            quanto è opportuno che sia l’interesse? E questo è il cuore del tema di questa sera.

 Quindi il risparmio è una virtù e secondo me è sacro, quindi va tutelato. Ma questo discorso della tutela lo riprenderemo.

  1. Per ora rispondiamo alla domanda già posta: quanto è opportuno che sia l’interesse? L’interesse è espresso in un tasso, per esempio: 4% , ma quel 4 è la somma di due componenti, supponiamo un 1% di remunerazione base + 3% per la componente rischio, cioè di perdita del capitale. Se in Germania i bund (cioè i BOT tedeschi) rendono l’1%, significa che in Germania la componente rischio è zero, mentre in Italia è 3. Un risparmiatore italiano prende un interesse di 4 ogni anno e per ogni 100 di risparmio. Ma se viene un signor X, sia esso un banchiere o un lupo vestito da pecora che mi propone il 25%, o io stesso lo vado a cercare, vuol dire che la % di rischio di perdere il capitale è altissima.

Chi ci casca o è un cretino o uno che ama il rischio, tutto fuorché un povero ingenuo, perché un minimo di saggezza e di prudenza mi dovrebbe far aprire gli occhi, senza bisogno di interpellare un esperto di finanza. Però non bisogna dimenticare la cinghia di trasmissione tra risparmio e investimento. ***Niente a che vedere del vecchio pensionato *** che il 2 gennaio era in fila davanti allo sportello “Risparmi” della cara vecchia banca, con il libretto di risparmio in mano per farsi registrare gli interessi maturati l’anno appena passato. Poi guardava compiaciuto la scrittura e non ritirava niente, perché anche gli interessi sono a tutela del domani, anche se data l’età domani può essere molto vicino. Facevano tenerezza quei vecchietti, perché han fatto dell’Italia il paese più risparmiatore del mondo, quindi il più virtuoso. Ora non più: le banche non rubacchiavano sulle valute e sul ribasso occulto dei tassi, quando non ci sono figli degeneri disoccupati di professione che a trent’anni suonati vivono ancora sulla pensi one dei loro vecchi, quando non li uccidono per comprarsi la droga. Nostalgia? No, realtà storica!

 b) come funziona la cinghia di trasmissione, cioè la catena della bicicletta?

Fino a una cinquantina di anni fa, si può dire che la cinghia ha funzionato complessivamente bene, con le banche a fare da catena della bicicletta. La finanza era parte o ancella, se più piace, dell’economia reale, quella che produce beni e servizi. Poi progressivamente la finanza è andata per la sua strada, da serva è diventata padrona, complice quel mondo anglo-americano, che privilegia l’oggi rispetto al domani, il tutto subito, la scommessa fino all’azzardo, la borsa rispetto alla banca, la ricchezza della carta rispetto a quella reale, il rischio sconsiderato rispetto alla ragionevolezza. Da qui l’ipertrofia della finanza del titolo del nostro incontro. L’anima nera di questa ipertrofia è, per comune diagnosi, l’esasperazione dei cosiddetti “prodotti finanziari derivati”, cioè scommesse  su quale potrà essere il prezzo delle commodity fra alcuni mesi cioè del petrolio, del rame, dell’oro, del grano ecc., ma senza che sottostanti ci siano contratti reali di scambio dei relativi beni. Il che comporta che le parti dei contratti non sono più gli imprenditori dell’economia reale, ma chiunque, cioè “tutti” e soprattutto le banche, le quali hanno aggiunto al rischio di insolvenza dei loro crediti costituiti da prestiti alle imprese, il rischio della perdita della scommessa sui derivati, il tutto in aggiunta alla follia di alte direzioni bancarie che riescono a incassare premi di fine mandato per le loro fallimentari gestioni. La distruzione dell’avvenire e delle speranze di molti risparmiatori va pur premiata. O no? E la santa virtù del risparmio dove finisce? Però, a essere giusti, si deve rilevare che le banche non sono più le uniche responsabili del disastro provocato dalla finanziarizzazione del mondo economico. C’è dell’altro e di peggio!

 Questa è la prima parte del titolo di questo incontro.

La seconda parte è: come tutelare il risparmiatore? Sono due i momenti della tutela:

 a) leggi, che tutti invocano a chiacchiere, ma nessuno in concreto le vuole, e la concreta funzionalità della Vigilanza che,  o è preventiva o non serve a niente. In Italia la vigilanza è affidata alla Banca d’Italia, che riceve  periodicamente mediante la “Matrice dei conti” un tale flusso di dati, che non può asserire di non sapere che succedeva in banche poi fallite. Né può affermare di non avere sufficienti poteri d’intervento, oltre a quello di inviare ispettori alle banche anche solo in dubbio di irregolarità;

b) interventi a consuntivo del tipo: “Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi” e la novità della UE denominata bail-in, cioè in italiano “garanzia o cauzione interna”. Vediamo cosa prevedono i due istituti e soprattutto cerchiamo di rispondere alla domanda: come e quanto tutelano il risparmiatore?

  • “Fondo Interbancario di Tutela dei depositi”, è un consorzio di diritto privato a cui aderiscono tutte le banche italiane, ad eccezione di quelle di credito cooperativo, che ha lo scopo di garantire i depositanti italiani in conto corrente fino a 100mila Euro, ma non funziona oltre questo limite e non si applica a azioni e obbligazioni emesse dalla banca e ad altri cosiddetti prodotti finanziari. Come si può notare è una protezione assai limitata;
  • il bail-in – letteralmente ‘cauzione interna’ – riguarda i paesi dell’Unione europea. Si basa sul concetto che, per il salvataggio di una banca, a pagare debbano essere in primo luogo gli azionisti dell’istituto stesso, senza ricorrere ad aiuti esterni, di un’altra società o, in particolare,  dello Stato. L’obiettivo della direttiva europea che l’ha costituita è di evitare che a salvare le banche in crisi sia lo stato e il salvataggio non gravi sul bilancio pubblico, come già avvenuto dopo la crisi del 2008 in soccorso di alcune banche inglesi e tedesche rimaste in vita grazie a pesanti iniezioni di denaro pubblico. Ora le banche in difficoltà, invece che dai singoli stati di appartenenza, saranno soccorse dai relativi (nell’ordine): azionisti, obbligazionisti e depositanti, come a dire che in concreto il depositante non riceve alcuna protezione, essendo il bail-in voluto per evitare ripercussioni sui deficit pubblici, come avverrebbe in caso di intervento dello stato (bail- out). Le critiche rivolte a queste novità sono state sin qui assai feroci e da parte di esperti ed economisti a dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana), che ha sostenuto che il bail-in è incostituzionale per l’art. 47 della Costituzione. Soprattutto si teme che senza garanzie possa ridursi l’afflusso dei depositi da parte dei risparmiatori e che, tenendo conto delle restrittive norme di Basilea 2, il credito bancario dalle banche all’economia di produzione, cioè alle imprese, possa ridursi ulteriormente, allontanando la ripresa economica. Se ciò accadrà, ed prevedibile che accada, le ricadute sull’occupazioni saranno una conseguenza, perché la cinghia di trasmissione riduce la sua potenza, come se la ruota dentata più grande della bicicletta rimpicciolisse il suo diametro. È una questione di rapporti al cambio e i ciclisti lo sanno!

Allora e in conclusione:

 che fare? Mettere i soldi nel materasso? No: invece selezionare le istituzioni finanziarie sane, e sicure e prudenti senza attendere interessi miracolosi. Rifuggire dalle fattucchiere del credito. Il risparmiatore si difenda da sé con la prudenza! La finanza non è un supermercato, non fa sconti né il 2×3 e per i miracoli bisognerebbe andare a Lourdes … se la Madonna si occupasse di finanza! Ma per nostra fortuna Maria di Nazaret si occupa d‘altro.