Bisogna voler bene al proprio presidente e io, ligio al dovere, gliene voglio ancora tanto. Oddio… non proprio da morire; mica sono un cavaliere “della tavola rotonda” (oggi bisognerebbe dire: “della tavola imbandita”). Certo, fino a qualche giorno fa, quando non era Quinto, glie ne volevo di più “forse”, ma è il destino degli affetti: instabili e non quantificabili. Mi piaceva moltissimo, perché mi dicevo: come Governatore a vita di Banca d’Italia, non ti andava granché (forse era il riflesso dello scarso affetto per la Banca centrale), ma uno della sinistra (almeno secondo Giulio Quercini del PDS) che riesce a farsi eleggere alla suprema carica dello Stato con i voti di quel “fascista” di Berlusconi, un qualche numero deve averlo (non perché tutto ciò che Midaberlusconi tocca diventa oro, semmai diventa antenna!). E poi ormai è amato anche da parte cattolica (mi fa piacere che tutti quelli che diventano qualcuno subito siano iscritti alla mia parrocchia, però mi fa venire in mente la Camilla Cederna – chi se la ricorda più! – che dice a Pertini “non farti papagiovannizzare”, ma era già più sordo di Beethoven e non sentì). Passi… non era ancora Quinto. Lo divenne il 3 luglio 2000, quando, come l’Asburgo ad Alghero dal balcone dell’Alcalde, sguainata la spada d’oro (non per ostentazione di ricchezza, ma perché la usava anche come destiscalpium) proclamò quei poveracci di sardi affamati: Todos caballeros! Allo stesso modo divennero cavalieri quei leoni (per la verità: “sazi”) dei Paesi Bassi, che avevano perso la partita di Rotterdam. Ciampi è un livornese e i livornesi restano tosti tutta la vita, anche se li fanno presidenti di qualcosa; perciò mi viene il sospetto che non volesse tanto fare cavalieri quei pellegrini della pedata, ma ziff…ete, zoff…ete, volesse fare V se stesso. Se è così, torna a piacermi molto. Un po’ di meno il fatto che nessuno di quegli incavallati abbia sentito il dovere di dire: non sum dignum. Ma che vuoi pretendere da un Midacalciatore, che fa diventare oro ogni tocco di pelota?