Dei caratteri fondamentali di certe epoche abbiamo, spesso, visioni storiche deformate da fatti esteriori e assorbenti. Per esempio, identifichiamo il regno Luigi XV di Francia con le feste di Versailles e i trumeau intarsiati. Invece, Montesquieu, nel 1720, osservando ciò che sta accadendo alla borsa di Parigi sulla spinta dei provvedimenti del Law, scrive nella CXLV delle “Lettere persiane”: ” Ho veduto nascere improvvisa nel cuore di tutti una sete insaziabile di ricchezza. Ho veduto formarsi in un momento un detestabile complotto per arricchirsi non con un lavoro onesto e una generosa attività, ma con la rovina del principe, dello Stato e dei concittadini. ” A parte il principe e lo Stato, sostituiti: il primo dai partiti e il secondo da un Grande Fratello, che tutto spia e controlla, persino i tuoi gusti personali, il resto sembra scritto oggi. Basta pensare alle borse azionarie e alle ricevitorie del superenalotto. Ma la storia non si ferma lì ed è interessante ricordare che, un anno dopo, la bolla speculativa esplose e mandò in rovina molti neoricchi e lo stesso inventore del sistema, quel Law scozzese, a cui non bastò la congenita tirchieria per evitare il lastrico. Quasi tre secoli dopo, con in mezzo rivoluzioni industriali a ripetizione (alcuni storici ne datano quattro), guerre risorgimentali e mondiali, orrori di ogni genere, l’uomo continua a giocarsi la camicia per il sogno della cravatta e, qualche volta, finisce da questa impiccato. Negli Usa vi sono studiosi dei comportamenti degli speculatori di borsa che consigliano il ricorso allo psicologo, poiché non sanno spiegare quello che ritengono una “esuberanza stravagante” e la stravaganza, si sa, merita un soggiorno a rate costose nello studio dell’esperto in follia, soprattutto nel paese ove il lettino dello strizzacervelli è visto un po’ come la “paolina” (così si chiamava il divanetto della piaciosa sorella di Napoleone). Anche Greenspan, che potremmo definire l’anti-Law, ha stigmatizzato più volte gli eccessi di una finanza animata da “esuberanza irrazionale” e non perde occasione per invitare gli economisti accademici a studiare più strette relazioni, che a suo avviso esistono ma sono trascurate, tra l’euforia dei corsi azionari e il fenomeno inflazionistico. A parole gli danno ragione, ma, poi, il vizio del gioco è più forte della prudenza. Se no, che vizio sarebbe! Ma, l’economia reale americana almeno tira e i fondamentali sono buoni, rendendo difficile al saggio Greenspan, comandante di un aereo con sovraccarico, di pilotare il dollaro in un atterraggio morbido. Ironia della sorte, non gli riesce, come se le ali del velivolo fossero sostenute da un vento risalente. Anche la borsa italiana, per esempio e per contrari motivi, non va, ma il vizio della stravaganza e della irrazionalità persevera e non si può nemmeno consigliare la visita dello psicologo, perché, avendo ancora una certa diffusione il confessionale, di cui il lettino dell’analista è in molti casi un surrogato e, tra l’altro, gratuito, la “paolina” non è attrezzata e il confessionale, per motivi di materia, non è adatto. Forse sarà il caso di consigliare gli psicologi italiani di giocare in borsa, in modo da acquisire esperienza sul campo in attesa dei clienti. A meno che la borsa italiana sia quello che è, perché già troppi psicologi la frequentano! Ma è ipotesi più stravagante della borsa. Facciamo un altro accostamento. Nel mese di ottobre del 1719 le azioni della “Compagnie” creata dal Law aumentano del 300% e, poi, cosa accadde lo abbiamo già ricordato. Alla borsa di Milano quotano società che sono carta straccia, perché nel contenitore, cioè nemmeno negli attivi di bilancio, hanno solo “ipotesi di progetti futuri”. C’è un titolo “tecnologico”, tra i tanti, che ha avuto performances ben superiori al 300% in molto meno di un mese e ora la maggioranza azionaria annuncia di quotare anche la società controllata, come a dire, quotiamo in sequenza le scatole cinesi e le bambole russe. Quotiamo la madre e quotiamo le figlie, poi, mentre la Consob sta a guardare e la Borsa accoglie a braccia aperte: matricole matricolate, leviamo in alto i bicchieri cantando la canzone degli alpini assetati: “gòba la mare, gòba la fiôla, gôba la fiôla de la sorèla… l’éra gòba pure chèla…”. Prosit! (pubblicato anche in “ItaliaOggi” del 12 agosto 2000)