L’economia è la giustificazione scientifica del furto. Non voglio dire del furto materiale, come sottrazione di beni o di servizi (lavoro sottopagato e prezzi esorbitanti e speculativi), il che purtroppo talvolta avviene in forme varie e raffinate, ma furto di idee, di concetti, di teoremi; anzi è un furto benefico, perché consente la circolazione delle idee e lo scambio tra le varie discipline con reciproco e generale arricchimento.

L’economia ha compiuto più furti di altre discipline, soprattutto nel gergo medico e in quello militare.

Si pensi al concetto di strategia. L’imprenditore che non si procura alternative prima dell’azione è come un generale costretto a combattere in un tunnel: non può scegliere e non potendo scegliere non ha azione o ha solo la possibilità dell’unica azione consentita dalle dimensioni del tunnel, che, ben che vada, è comunque un budello. I generali di un tempo sceglievano il campo di battaglia e spesso con tattiche e stratagemmi costringevano l’esercito nemico ad accettare un certo luogo a lui sfavorevole, come ha insegnato Giulio Cesare, imitato con eccellenti risultati da Eugenio di Savoia. Questo lo sa fare l’imprenditore? La strategia militare ci ha insegnato che un generale deve sempre garantirsi, oltre che la via di fuga o il diversivo, anche il collegamento con i rifornimenti, se no corre il rischio di andare troppo aventi e di rimanere poi accerchiato o senza risorse, come accadde a Rommel nel deserto libico. Lo tiene presente questo l’imprenditore nelle sue strategie offensive contro i concorrenti?

Strategia e cul de sac non sono compatibili.