Se si tolgono interviste, reportage diretti e polemiche degli organi di partito o loro fiancheggiatori, pubblicati sporadicamente in alcuni giornali, gli altri si limitano a riportare i servizi delle agenzie, collegate in abbonamento. Qualche volta, per dare l’impressione della originalità, le redazioni ti confezionano un “pastone”. Pensare al “Corriere” di Albertini è come disseppellire reperti archeologici. Sarà l’esigenza di contenere i costi, sarà la concorrenza della televisione, sarà una serie di cause che mi sfuggono, ma oggi la stampa è come lo scartamento dei binari: conformismo e ripetizione.
Chi si ricorda più dell’aforisma di David Riesman che la stampa è la polvere da sparo della mente? Se così fosse, bisognerebbe concludere che la polvere è stata usata per un suicidio. Perché il problema di fondo è la libertà, o meglio: la mancanza di libertà di stampa. Chi la toglie questa libertà? Gli editori? L’interesse personale del singolo giornalista? La sua limitatezza professionale? Meglio non approfondire!
Queste considerazioni vengono alla mente in questi giorni di scandali finanziari: Cirio, Parmalat, Finmatica, preceduti da Bipop, per non dir d’altri nel recente passato e non anticipare prossimi disastri, già in fase avanzata di cottura. Che fanno i giornali? Si buttano a peso morto sull’evento, spiegando il quinci e il quindi al colto pubblico e all’inclita guarnigione, come nelle fiere di paese di un tempo. Passi per i giornali scandalistici, gli specializzati in gossip, i quotidiani generalisti, i rivenditori di pastoni. Purtroppo, ci si mettono anche i cosiddetti specializzati, quelli che usano una carta colorata, da deiezione infantile. I quali “specializzati”, sono talmente specializzati che si sono scelti il sabato per diffondere numeri ultra-speciali, in cui approfondiscono le analisi finanziarie, che, basta leggerle, e anche un “cretino” (apparente), ignaro di tecniche borsistiche, è in grado di scegliere dove mettere al sicuro i propri sudati risparmi e magari ricavarne anche un interesse non inferiore al tasso di inflazione. Sto parlando di un cretino destinato a diventare sempre più minoranza, perché i furbi, invece, quelli che credono a maghe e maghesse e a promotori e banchieri di fiducia, l’interesse lo vogliono alto, speculativo e senza rischio! Questi furbi, che ben sanno che il guadagno è proporzionale al rischio, quando l’evento contrario si verifica e hanno perso tutto, rispetto al “cretino” che non ha guadagnato nulla, ma non ha perso niente, squittiscono e invocano i pubblici poteri, le authority, il governo, le leggi del Parlamento, l’etica dimenticata dai finanzieri, l’anatema del Papa, l’appoggio della Cei contro le malefatte e, se non fosse caduto così di moda e servisse a qualcosa, anche le invettive di Carlo Marx contro il capitalismo. Pur di non ammettere che sapevano di scegliere il rischio dei titoli spazzatura, sono disposti a passare per cretini-veri.
Non è di questo genere umano che voglio parlare, ma dei numeri speciali sabbatici di certi giornali, che, alla fine, sono solo collezioni di pastoni. Perché se così non fosse, certe analisi non verrebbero esposte a posteriori, come profezie del “giorno dopo”, ma verrebbero analizzate in anticipo, visto che la sintomatologia è diventata una branca molto seria dell’economia aziendale. Allora, e solo allora, si potrebbe sostenere che quei numeri speciali servono a qualcosa; invece, hanno il solo scopo di mantenere le vendite del sabato, giornata che, con il dilagare della settimana corta, lascerebbe nelle edicole montagne di invenduto.
E a questo punto ritornano le domande iniziali: non dicono quel che dovrebbero dire perché manca la libertà di stampa? O per incapacità professionale? Lasciamo perdere, ma c’è una considerazione ulteriore da svolgere. Immaginiamo che alcuni mesi fa un giornale avesse lanciato un chiaro segnale sulla capacità di tenuta di Parmalat e non mancavano certo i riferimenti oggettivi. Che avrebbero fatto i risparmiatori? I cretini-apparenti, quelli che si accontentano di risicati guadagni, preferendo la protezione del capitale, avrebbero mostrato indifferenza; i cretini-veri, forti del loro autoconsiderazione di essere furbi, non avrebbero creduto. Ma, di contro, il signor Calisto che avrebbe fatto? Avrebbe assoldato i più fini giuristi e sarebbero partite querele a raffica contro il giornale e il giornalista. Se poi le cose fossero andate come dovevano inevitabilmente andare, avrebbe potuto sostenere, sempre il signor Calisto, e come lui i Sergio e i Pierluigi, che al giornale era da imputare la responsabilità di aver mandato in crisi gruppi, che davano lavoro a migliaia di famiglie, eccetera, eccetera. E ironia della sorte, invece di imputare di aggiotaggio quei baldi finanzieri-imprenditori, quel reato sarebbe stato a rischio per il giornale.
No! C’è qualcosa che non va nell’intero sistema! Forse, perché la nostra democrazia continua a lacerarsi tra giustizialismo e garantismo. Ma la giustizia è un’altra cosa!