Gli eufemismi, già inflazionati, esondano. Non mi riferisco agli handicappati, diventati disabili e ora “diversamente abili”, che non meritano sussidio perché, seppur diverse, hanno le loro abilità, ma alle escort, da non confondere con un modello di auto Ford, che hanno sostituito le puttane che dalla strada salgono al domicilio di palazzi più o meno “grazioli”, anche se il padrone non c’è; al trans che ha rimpiazzato il “femminiello” di napoletana memoria; allo stalck che sta al posto di palpeggiamento; ecc.

Ma la realtà non può essere cambiata dal linguaggio, che è mera convenzione. L’eufemismo non serve a rendere migliore il mondo e nemmeno l’educazione.

Nemmeno serve la grossolanità provocatoria nella prospettiva di catturare i deboli.

Pensiamo al Fini, presidente della Camera, che va dagli studentelli del centro Semina a parlare di “stronzi”. Forse voleva solo dimostrare: il coraggio della blasfemia, con il risultato di diffondere ancor più la volgarità; la sua capacità concorrenziale con la tivù; la povertà del suo linguaggio sceso a trivio; la scurrilità del proprio ambiente di lavoro. Chissà che cosa avrà pensato Pierino, una figura un tempo emblema della furbizia e talvolta della stupidità dello scolaro, ormai messo in ombra da criminali in erba. Avrà pensato: ma ci sono “ritirate” [eufemismo di quando si usava toillette] a Montecitorio? Forse non servono a chi manda escrementi in libertà.