Seneca, in una delle “Lettere a Lucilio” afferma che “facere docet philosophia, non dicere” (La filosofia insegna a fare, non a parlare). Sennonché i filosofi sostengono che per insegnare a fare, loro debbono parlare ed è un tale diluvio da richiedere l’Arca di Noè. Sono contraddizioni? No! Loro le chiamano “aporie”, che fa molto più fine. Prendiamo Kant, una specie di “filosofo dei filosofi”, quello che si sarebbe accontentato, a parole sue, del “cielo stellato sopra di me”. Gli sono grato per quello che ha tentato di insegnarmi e contro cui si è opposta la mia resistenza a capire. Non sarà che tutte quelle “critiche” sulla ragione (“pura” per giunta!), ancora sulla ragione (“pratica” per sopra-giunta!) e sul giudizio (una specie di “giudizio sul giudizio”), potrebbero provocare una qualche crisi esistenziale? Non sarebbe stato meglio dire “guarda il cielo stellato sopra di te”, senza aggiungere altro? Ma non poteva fermarsi lì. Lì ci arriva da sé la saggezza dell’uomo semplice. Non è una mera coincidenza che, guardando le stelle, gli uomini hanno imparato a navigare!