È ben nota la burletta della emanazione dei decreti legge. Spesso in Consiglio dei Ministri viene approvato un decreto sulla base del titolo di una cartella del ministro proponente. Solo che la cartella è vuota; cioè è una cartella senza la pratica dentro. A cose fatte, il componente del governo che ha firmato la cambiale in bianco reciterà al popolo la storiella dell’ “io non c’ero, se c’ero dormivo”. Passi quando il fenomeno avviene nel “chiuso” di Palazzo Chigi. Ma è costituzionalmente grave quando si prende in giro l’intero paese, attraverso il Parlamento, che assomiglia sempre di più al Senato della Roma dei Cesari: un luogo non molto diverso da terme e bagni pubblici. Prendiamo la “legge finanziaria”, che deve essere approvata entro il 31 dicembre dell’anno prima; ma in pratica è una cartella vuota, perché in un’altra ci sono le cosiddette “leggi collegate”, che non vengono approvate subito, ma rinviate all’anno dopo. Per esempio: siamo a luglio 2000 e il Parlamento sta esaminando il “collegato” della finanziaria del dicembre scorso. Solo che è con il collegato che il cittadino resta “inciso” (un tempo si diceva “percosso”), ma non può dire all’esattore (ora si chiama “concessionario”) “non c’ero”. Ha un qualche motivo di amare la democrazia l’uomo della strada italiana?