Il tempo può essere energia?

 

Non appartengo alla categoria degli studiosi del gruppo “Astrofisica, cosmologia e fisica particellare” di Facebook, ma, piacendomi la materia, ho raccolto in un mio libro del 2016, titolato “Relatività, energia ed economia”, materiali di fisica, a cui ho aggiunto, di mio, una bizzarra e provocatoria ipotesi che anche il tempo sia energia. Come avevo previsto, non ho ricevuto alcun interesse da parte degli studiosi professionali, seppur devo riconoscere che nessuno mi ha ricordato, forse per generosità, il monito di Apelle: ”sutor, ne ultra crepidam“. Però, sentendomi almeno un buon calzolaio, e ben consapevole che la mia è stata una provocazione e non un’affermazione, riproduco di seguito il nucleo della riflessione sul tempo-energia, convinto che anche la scienza è un granello di polvere nell’universo stellare e che non noi guardiamo le stelle, ma le stelle guardano noi.

«[…] Se gli accadimenti fossero tutti contestuali non esisterebbe il tempo. Anzi, essi sarebbero impossibili, impensabili, inesistenti. Pensiamo a Napoleone che combatte a Jena e nel contempo ad Austerlitz e a Waterloo. O l’uno o l’altro o quell’altro. L’ubiquità non è possibile. Certo che, mentre Napoleone combatte ad Austerlitz, nelle Filippine può scoppiare una rivolta; anzi la regola è proprio di avvenimenti contestuali, perché la storia è da dividere in filoni: c’è la storia di Napoleone, che non ammette la contestualità, ma nemmeno la storia delle Filippine è un assoluto. Il punto focale della storia è proprio questo: vi sono tante storie, che sono storie di accadimenti, sequenziali presi nelle microstorie, che possono affiancarsi a mano a mano che ci si avvicina all’area della storia, con contestualità. Questa è anche la regola dell’Universo: mentre in un punto vicino alla galassia Andromeda una singola stella collassa creando un buco nero, nella Via Lattea si stacca un enorme ammasso di materia, che sfugge a una forza gravitazionale locale e genera un asteroide, che va a spasso nei cieli oppure incomincia a girare in orbita intorno a una stella della galassia e diventa un suo pianeta. Ma questa contestualità non segna un fatto temporale. La contestualità e la contemporaneità non segnano la temporalità. Per capire la temporalità locale dobbiamo mettere in fila gli accadimenti, come si fa con i birilli. Senza diacronia non si capisce il tempo. Se partiamo dall’origine, sia esso un Big Bang o altro fenomeno, dobbiamo per forza pensare che, prima, ci fosse una stasi perfetta e che l’eternità è la stasi perfetta, da cui si stacca un brandello nel quale, come una parentesi, accadono gli eventi che spiegano il tempo. Il tempo non è un grande barattolo in cui si dispiegano gli accadimenti, perché sono questi che creano il barattolo, che è un contenitore senza limiti. I limiti li conosceremo dopo la fine del tempo, quando l’ultimo degli accadimenti sarà accaduto e tutto ritornerà nella perfetta quiete, cioè nella eternità, che è il non tempo, la mancanza di energia, salvo quella di Dio, l’annullamento della materia, la caduta di ogni velocità, l’immaterialità in presenza di soli spiriti. I credenti, soprattutto cattolici, sosterranno che, mentre il tempo scorre nell’universo, l’eternità lo sovrasta. Sicché tempo ed eternità coesistono. Sempre i credenti sosterranno che per vivere nella gloria di Dio non c’è alcun bisogno di tempo, perché Dio non ne ha bisogno. I non credenti sosterranno che l’eternità non esiste ed esiste solo il tempo, finito il quale sarà finito tutto, universo compreso. Non spiegano nulla, ma non sono in contrasto con i credenti, relativamente al tempo, salvo che i credenti ritengono che finito il tempo si aprirà l’eternità secondo un piano di salvezza o perdizione, mentre i non credenti sostengono il nulla.

f) Riflessioni erratiche sul tempo

Sono io che vado incontro al domani o è questo che viene incontro a me? Il domani è la mia probabilità di vita e la mia probabilità di morte. Qui sta la distinzione tra il tempo impersonale e il mio, cioè l’affermazione del tempo fuori di me. È quasi certo che il domani esisterà per l’universo, è incerto se esisterà per la mia esistenza. Questa constatazione spiega che la grande quantità (il domani dell’universo) è cosa diversa dalla infinitamente piccola realtà della mia vita (piccola quantità).

Il tempo misurato dall’orologio altro non è che una frazione di un percorso astrale, sempre eguale, secondo una legge che per l’esistenza di quella di gravità sembra il barone di Münchhausen, che sta sollevato aggrappandosi al codino della parrucca. [1]  Ma il mio tempo personale non dipende da alcuna legge, se non dal caso o da un piano preordinato dal Creatore, che qualcuno chiama anche destino. E allora che cos’è questo arrovellarsi dell’uomo sul concetto di tempo? Il tempo come alveo di fiume non esiste. Esiste l’acqua del fiume che scorre, ma nemmeno questa similitudine è consistente. Se il letto cessa di essere inclinato, anche l’acqua cessa di scorrere. Il tempo si ferma? …

Dio esiste e il tempo, come l’eternità, gli appartiene, quando ne stacca un segmento. Accontentiamoci di misurare gli accadimenti, cioè di scrivere la storia passata e di attendere quella futura. E se il tempo (assoluto, cioè l’alveo) fosse la stessa eternità?

Se tutti gli orologi del mondo si fermassero all’unisono non per questo io cesserei di invecchiare. Ma nemmeno per questo io posso dare importanza assoluta al tempo biologico. Quindi non il tempo misurato è tempo, ma l’accadimento (io invecchio). Però, l’accadimento in sé non ha senso; hanno senso gli accadimenti tutti insieme e sequenziali. Ora si deve pensare se possa esistere un tempo assoluto (Newton), una specie di alveo di fiume in cui scorrono gli accadimenti. La risposta è: non ha importanza, perché tanto gli accadimenti accadono lo stesso. Se non si vuol confondere il contenitore con il contenuto, allora, l’alveo perde ogni importanza e si può arrivare a sostenere che il tempo assoluto non esiste, perché non ha necessità di esistere e perché il tempo è fuori del tempo. Il tempo, se proprio non vogliamo rinunciare a questo termine e ci si limita alla percezione umana, altro non è che la storia, la sequela, la successione, la concatenazione, la contestualità. O troviamo un altro termine per indicare questo fluire o divenire, che è un continuo sopravvenire oppure rinunciamo, perché tanto ciò che deve accadere accade o accadrà e non fa differenza se è per volontà di un dio che ha dato leggi alla natura o, almeno in parte, per azione dell’uomo, che però non ha potere sul tempo, ma lo fa solo apparire, secondo sua fantasia, in cui farei rientrare la stessa matematica e la fisica.

Gli astrofisici, che sostengono la teoria del Big Bang, non sanno spiegare che cosa c’era prima, ma qualcosa c’era, posto che il Big Bang non può essersi generato dal nulla. Questa teoria del Big Bang, nonostante il suo indubbio fascino, zoppica su alcuni punti, vero è che non tutti gli scienziati la condividono. Ma si faccia l’ipotesi di accettarla. Una considerazione si impone immediatamente: la grande esplosione ha distrutto lo stato di quiete, che, supponiamo, caratterizzava lo stato precedente. Quiete significa immobilità assoluta, congelamento di ogni manifestazione, assenza di fenomeni, ma anche di noumeni, un fotogramma non un film. Il Big Bang sostituisce alla quiete la dinamica e tutto cessa di essere immobile e diventa cambiamento continuo, non conta se secondo leggi, anche solo probabilistiche oppure erratiche; conta che vi sia una trasformazione, una evoluzione continua, una successione di stati e di eventi. Ma il passaggio da uno stato all’altro, da un fenomeno all’altro non può essere per sovrapposizione. E questo passaggio, la serie dei passaggi, creano il tempo. Senza il tempo non c’è dinamica e senza dinamica c’è quiete, cioè il non-tempo.

Sin qui la fisica, che, però, non esaurisce l’aspetto morale, per il quale l’avvio del tempo coincide con l’avvio della lotta tra il bene e il male.

Ora, il bene e il male, sempre in una lotta continua destinata a proseguire nella storia senza vinti né vincitori, perpetuandosi, scorrono in una specie di canale, che è appunto il tempo, cioè la forma del bene e del male congiunti.

Quando il tempo cesserà, il bene e il male cesseranno di esistere e si tornerà a una quiete assoluta, che è l’eternità, non il nulla, ma il mistero di Dio, il suo trionfo e, a Lui piacendo per giustificazione (nel significato teologico), il nostro trionfo.

Se vogliamo capire la storia, l’evoluzione, l’escatologia dobbiamo tentare di ragionare a contrariis, se possibile, alla quiete assoluta, al prima del Big Bang o di altro evento che possiamo chiamare la Creazione.

E se la storia dell’universo sia stata una successione di Big Bang? Per esempio: come ha potuto deflagrare il Big Bang? Cosa c’era prima? E se quelli attuali fossero i resti di un precedente Big Bang? Se l’universo penultimo (senza Sole, prima di 5 miliardi di anni fa, né Terra, ma con altre galassie compresa la Via Lattea) si fosse ridotto a un volume zero, ma densità della materia e curvatura dello spazio-tempo infinite per effetto di sbilanciatura tra forza gravitazionale e velocità di espansione a vantaggio della prima, per cui si sia verificata una progressiva contrazione, che ha creato un enorme “buco nero”, da cui è partito un nuovo ciclo (Big Bang)? — vedi Hawking (vedi anche “singolarità nuda” pagg. 66 e segg. e 104-105)

Vedi S. Hawking pag. 45 “A parecchie persone l’idea che il tempo abbia avuto un inizio non va molto a genio, probabilmente perché essa sa un po’ di intervento divino…”

Il Dio che cacciò l’uomo dall’Eden creò insieme il tempo e lì vi pose l’uomo. L’uomo, appena fuori dell’Eden perché cacciato, possiamo immaginare che ebbe un primo attimo di smarrimento e abbia domandato al suo Creatore: ora che posso fare? Dio potrebbe aver risposto: «osserva prima il sole e poi la luna». L’uomo constatò che il lasso tra le due osservazioni era il tempo.

[…]

Però mi pare che per Einstein lo spazio-tempo sia diverso dallo spazio e del tempo separatamente considerati.

Quanto a Kant mi sembra che, affermando che lo spazio e il tempo sono invenzioni dell’uomo, abbia confuso l’oggetto (spazio e tempo) con la sua misurazione.

Il grande problema dell’uomo, il problema dei problemi, è il tempo, che si presta anche a rappresentazioni grafiche.

Il tempo dei greci, detto anche dell’eterno ritorno dell’eguale, è come il percorso ciclico della Terra intorno al Sole: ogni trecentosessantacinque giorni si ritorna al punto di partenza e si ricomincia da capo. Può essere rappresentato da figure di carattere circolare come il cerchio e l’ellisse. In filosofia sorge il problema del contrasto con il divenire eracliteo. Si è ipotizzato che il cerchio possa essere in espansione, come se a un cerchio se ne sostituisse un altro a circonferenza più larga. Però, in tal caso, il tempo non è più ciclico perché il ritorno è a un punto diverso dalla partenza del cerchio precedente, cioè: se il ciclo è diverso, non è più un tempo ciclico.

Il tempo diacronico, tipico della visione cristiana della storia, può essere rappresentato da una retta inclinata verso l’alto.

Si nota che il punto di chiusura di un ciclo è il punto di apertura di un nuovo ciclo, ma sempre inclinato verso l’alto

Se mi chiedessero che cos’è il tempo, potrei dare due risposte: o non lo so o, ironicamente, che è l’infinità dell’infinitesimo.

Il tempo frazionato in intervalli sempre più piccoli tende all’infinitesimo, quindi a zero e a zero il tempo è già annullato. Ma, se il tempo diventasse nullo? O vicino allo zero? Sarebbe già insufficiente per consentire un accadimento a meno che non si trattasse di un accadimento istantaneo di durata pari a un infinitesimo! E se la teoria della relatività e=m.c2, invece di energia, esprimesse il tempo, o meglio: se il tempo fosse identificato con l’energia?  È ovvio che mancherebbe la quarta dimensione di Einstein dello spazio-tempo, oppure, come io ipotizzo, potrebbe essere confusa in una quinta dimensione.

Perché si dice che il tempo non si può fermare?  Perché il tempo scorre, quindi si muove (non ha importanza per il momento in quale direzione); ma se si muove vuol dire che è energia per definizione e varrebbe la mia teoria che il tempo è energia.

Disegniamo una sfera su tre assi cartesiani e vediamo che è un solido. Einstein inserisce il tempo, ma, allora, la sfera deve muoversi, quindi deve rotolare! La sfera che rotola non è forse la rappresentazione della teoria della relatività, se lo spazio-tempo è interno, il che non esclude che tutto sia assorbito in una quinta dimensione. Vedi Rovelli in PHIL ID 6052: «…si potrebbe pensare come veri e propri buchi nel foglio di gomma, che si è rotto perché ci avevamo appoggiato sopra un peso troppo grosso. Ma lo spazio fisico in cui viviamo non ha due sole dimensioni, ne ha tre: possiamo muoverci avanti-indietro, a destra-sinistra, ma anche su-giù. Immaginare uno spazio tridimensionale che si incurva è un po’ più complicato…» e in ID 5974 di Phil, Casa, del mio Database, sempre di C. Rovelli: «Il risultato è sorprendente: seguendo indietro nel tempo la storia dell’universo, non si incappa in un istante iniziale, ma il Big Bang risulta essere un gigantesco “rimbalzo” a seguito di una fase precedente di contrazione…».

L’ipotesi di un “rimbalzo a seguito di una fase precedente di contrazione” è provocatoria e al tempo stesso affascinante. Non è meno fondata di altre, e stimola almeno due osservazioni:

a) il Big Bang non sarebbe né l’inizio del tempo né una terrificante esplosione, che avrebbe liberato una energia compressa, come conferma l’astrofisica italiana Margherita Hack;

b) l’esplosione del Big Bang non sarebbe un’origine, ma un momento di una successione di eventi di espansione e di riduzione, vicina all’annichilimento, che imita il moto del mantice o della fisarmonica.

[…]»


[1]  Attenzione: l’universo è in continua espansione.