Come dicono alla Scuola di Chicago: nessun pasto è gratis. Invece, alla scuola della politica Italia ogni consumo è gratis, sia dei singoli politici sia dei loro partiti, associazioni, fondazioni e giornali. Anche per questo siamo in una nera recessione.
Il problema è: chi paga il pasto gratis, che non è manna piovuta dal cielo. Intanto, il debito pubblico, prossimo ai 2mila miliardi di €, è destinato a non fermarsi per almeno tre cause: gli interessi passivi che fanno cumulo; i tagli alla spesa pubblica solo simbolici e sempre rinviati; le entrate tributarie in calo per la recessione. E allora che fare? Applicare la ricetta di Monti: tassare e tartassare, perché non sa fare altro, pur essendo un economista di fama (nazionale), coadiuvato da una schiera di ministri tecnici, che bisognerebbe pregare di star fermi per evitare danni e ancor più di star zitti per risparmiarci sproloqui. Ma il peggio deve ancora venire e lo vedremo in autunno, quando, dopo l’IMU, subiremo il rincaro dell’Iva, che affloscerà la domanda già debole con conseguenti calo della produzione e aumento della disoccupazione.
Se la coperta è corta è ovvio che rimangono all’aria o le spalle o i piedi e poiché non si può spiedare il soggetto, resterebbe solo di lasciarlo al freddo o meglio di allungare la coperta. Lo dice anche il premier, che, dopo aver abbattuto il cavallo, proclama che ora la crescita comincerà a correre. A piedi?
Sia chiaro: nessuno si aspettava miracoli da un professore di economia, ma un miglior dosaggio delle terapie sì, se no era meglio incaricare una massaia.
C’è un’inflazione di voci assordanti: stiamo nell’euro o è meglio uscirne? Difficoltà tecniche e costi a parte, la verità è che, dentro o fuori, le nostre magagne non cambierebbero, perché o riduciamo il debito pubblico con tasse “lacrime e sangue” o diamo un’accelerata al torchio di una neolira e allora l’inflazione, già ora oltre il 3%, diventerebbe incontrollabile e ritornerebbe il tasso a due cifre. E chi ne pagherebbe il conto? Risparmiatori, creditori e lavoratori.
In economia non si può vivere alla giornata; non si può pensare di girare un interruttore e fiat lux, perché l’economia ha tempi lunghi. Dal debito pubblico si rientra solo con la crescita del Pil, che richiede processi di medio-lungo periodo. L’assioma che i debiti si pagano con il reddito vale anche per l’economia pubblica e non c’è artificio inflazionistico che tenga, Ue o non Ue. I tedeschi dettano le regole e sono simpatici come i primi della classe, ma bisogna imitare i cavalli non gli asini, anche se questi sono più intelligenti dei primi. Per l’Italia è prima ancora un problema di strutture e di istituzioni. Se non le cambiamo – e non può essere un governicchio tecnico a farlo – siamo fermi al palo e lo stato resta insolvente.
Abbiamo tanti numeri: mettiamo gli zero dietro e non davanti alle cifre significative. La classe politica e la funzione pubblica sono proprio quegli zeri che impediscono ai numeri di manifestare il loro valore.
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