Spread e politica economica dell’Italia

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Questo  articolo è stato pubblicato in forma ridotta dal quotidiano “Italia Oggi” del 4 settembre 2013, pag. 14,  con titolo

“Lo spread è la scusa per tassare”

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Spread: pare che tutti sappiano cos’è, ma quanto a spiegarlo…! Si intende in genere la differenza di rendimento (si noti: non di tassi nominali d’interesse) tra i Btp e i Bund tedeschi a parità di scadenza, principalmente 10 anni e se lo scarto è, per esempio, 255 punti base, significa che il rendimento dei Btp italiani è il 2,55 punti percentuali più alti di quello dei bund. Come tutti i tassi d’interesse vi sono due componenti: il tasso base più la componente del rischio di default dell’emittente. Ora, si deve ricordare che il tasso base si riferisce ai Btp già sul mercato dei capitali, mentre la componente rischio dovrebbe essere altrettanto stabile, perché il rischio di default non cambia ogni giorno ma possono cambiare le aspettative di maggior rischio futuro ; da qui la prima domanda: perché, invece, lo spread varia continuamente? Perché interviene a gamba tesa la solita diabolica speculazione, che spinge ondate di acquisti o vendite di Btp, che incidono immediatamente sul rendimento con oscillazioni del prezzo del titolo secondo la legge della domanda e dell’offerta. Infatti, se una pressione speculativa e/o un declassamento, più o meno fondato, di una società di rating, spingono una massa di risparmiatori alla vendita dei Btp, provocano immediatamente anche una riduzione del corso del titolo e l’effetto è una perdita per il venditore in linea capitale e una pretesa di maggior rendimento da parte dell’acquirente come ristoro del maggior rischio sopravveniente. Ne consegue un innalzamento dello spread rispetto al ritenuto più sicuro bund tedesco.  A parte il fatto che non si capisce perché la Germania sia stata eletta a faro dei naviganti e perché alla scuola dell’UE i voti (cioè gli spread) siano assegnati non in base a una scala di valori oggettivi ma parametrati al primo della classe (e chi lo dice che i tedeschi siano i primi?), si possono fare alcune osservazioni:

a)      lo spread è un calcolo di matematica finanziaria e dovrebbe essere a consuntivo, ma gli operatori incorporano anche una componente previsionale, da qui l’oscillazione, che è legata ai provvedimenti politici del singolo stato, influenti sul rischio-paese, per cui il valore di oggi finisce per anticipare le prossime emissioni di titoli statali, che dovranno avvenire a tassi più elevati, con peggioramento del debito pubblico per la parte interessi, anche se in linea capitale dovesse trattarsi di mero revolving;

b)      con il riferimento agli spread la Germania tiene in pugno l’Europa e la UE è solo una foglia di fico per coprire le vergogne tedesche;

c)       la strumentalizzazione dello spread consente agli imbelli governanti italiani di trovare comodi alibi per manovre fiscali asfissianti l’economia privata senza veri tagli alla spesa pubblica. Vero è che l’enorme debito pubblico non cala nonostante la crescente pressione fiscale, che si aggiunge alle angherie della burocrazia, specie fiscale, ormai prevaricante. Ma ciò che più sorprende è la pervicace difesa della sinistra di provvedimenti che, alla fine, si rivelano a danno delle classi meno abbienti e delle Pmi;

d)      gli spread sono oggetto di costante attenzione da parte dell BCE, soprattutto quando sono sensibilmente divergenti tra un paese e l’altro della UE, perché significa che nelle singole aree della Comunità sono corrisposti tassi di interesse molto diversi e che le banche delle singole aree, principali detentrici dei titoli del debito sovrano nazionale, percepiscono rendimenti diversi. Ciò ha impatto sulla politica monetaria, che, invece, è comunitaria. Peraltro, lo spread dei Btp italiani poco interessa alla Banca d’Italia e ai portatori privati dei titoli nazionali, perché lo spread potrebbe innalzarsi non solo nel caso di peggioramento dei fondamentali dello Stato italiano, ma perché diminuisce il rendimento dei bund tedeschi, per esempio: quando il surplus della bilancia commerciale tedesca aumenta creando in Germania una maggior liquidità, che consente una riduzione dei tassi sia d’interesse sia di rendimento tedeschi;

e)      lo spread, che cambia  di continuo, è paradossalmente la giustificazione della strenua difesa dello status quo della politica italiana, che è la più conservatrice del mondo, perché, essendo la più indolente, teme il cambiamento e quando gli elettori propensi all’autocastrazione, vogliono  lamentarsi o disertano le urne o votano comici a corto di barzellette. Allora aveva ragione Leopardi a dire che “gli italiani non hanno costumi, essi hanno delle usanze”, ma bisognerebbe precisare “cattive usanze”.

Spread è parola inadeguata, perché alla fine non rivela ciò che sta celato sotto, ma, al di là di certi pesanti e nascosti difetti, è comunque effetto di malattie politiche e sociali di cui i tedeschi e gli speculatori non hanno tutte le colpe. Essi fanno il loro mestiere, siamo noi che non facciamo il nostro, meritandoci il rimbrotto meneghino “Ofelè fa el to mesté”. Quando ci si lamenta dei metodi di calcolo adottati, si deve ricordare che lo spread non si può cambiare per decreto, perché il mercato è quello che è e alla fine una qualche ragione la merita.