La malaria, malattia endemica in alcune zone d’Italia, per esempio: l’Agro Pontino, il Delta Padano, intere aree del grossetano senza contare zone del sud e dell’Italia insulare, ha qualcosa da insegnare, se non altro per similitudine o metafora, alla situazione italiana di oggi. Mi sembra significativo, se ben ricordo, il fatto che in alcune zone della provincia di Grosseto si parlasse un dialetto simile al latino dei soldati romani, perché, dopo la caduta dell’impero di Roma, persino i barbari invasori scansavano quelle aree, lasciandole isolate, ferme e indenni da ogni penetrazione esterna. Così accadeva per le paludi pontine, che davano rifugio ai criminali di ogni tipo e nelle quali nemmeno i soldati-poliziotti accettavano di inoltrarsi per timore della malattia. D’altra parte non ce n’era bisogno: la malaria bastava, perché faceva da inquirente, da giudice e da boia! Solo che colpiva anche gente inerme e pacifica, che cercava di lavorare la poca terra non paludosa traendone pane e zanzare. Pare che Dante, mandato in ambasciata a Venezia dal da Polenta signore di Ravenna e ospite-mecenate, abbia contratto la malaria passando in quelle zone, di cui morì poco tempo dopo il ritorno del viaggio.

Per combattere la malaria furono necessari due interventi: uno temporaneo sull’insetto con il DDT, ma solo dopo il 1946, e uno strutturale: la distribuzione del chinino come farmaco agli abitanti e la bonifica mediante canalizzazioni delle acque, a cui già provvide il fascismo: Bonifiche ferraresi, Bonifiche dell’agro pontino ecc.

Sono fatti storici ben documentati.

Che c’entra con la crisi economia attuale? Come ho già detto, serve come similitudine o metafora, perché la malaria è stata per secoli una malattia endemica e la crisi economica attuale rischia di diventare endemica. Infatti dura dal 2007 e dopo sei anni non si può più parlare di crisi, che è fenomeno temporaneo per definizione, ma di recessione con accompagnamento di depressione.

I dati sono noti: la disoccupazione cresce, la domanda per investimenti diminuisce, la domanda di consumo ristagna, il Pil ha ormai segno negativo. La gente comune si chiede: di questo passo dove andremo a finire?

La diagnosi è indiscutibile: un welfare insostenibile e spese folli per mantenere in piedi il baraccone della politica hanno portato il debito pubblico a livelli patologici.

La terapia è una presa per i fondelli, che l’attuale governo ha la sfacciataggine di far credere al popolo e ai media più o meno interessati. Sia chiaro: va bene la lotta all’evasione, ma è il come che non va bene, perché sarebbe più adatto a un regime poliziesco e forse gli italiani se lo meritano. La caccia alle streghe sta diventando un esercizio venatorio. Come non bastasse il clima di terrore che annacqua gli animal spirits di keynesiana memoria, ci sono le banche che continuano a stringere i freni. Chi non è vicino al mondo delle aziende non può capire! Oggi nemmeno le imprese più sane riescono a mantenere i fidi già ottenuti, non dico nuove risorse per gli investimenti, ma nemmeno i fidi per elasticità di cassa. Di credito per operazioni di nuovi investimenti neanche a parlarne, ancor meno per start-up. Per non parlare delle quotidiane scorrettezze delle banche, che continuano ad aumentare i tassi di interesse rubacchiando su valute e commissioni a insaputa dei clienti, che devono vivere con il fucile, colpo in canna, per non essere derubati. In compenso la massa di liquidità immessa come un’idrovora che, invece di aspirare acqua ne aumenta la quantità esistente, ristagna nella Bce per consentire alle banche di speculare sul differenziale dei tassi d’interesse.

In presenza di constatazioni che possono essere confermate interpellando qualsiasi imprenditore grande o piccolo, il premier ha la sfrontatezza di affermare dopo il salasso: “adesso poniamo mano alla crescita”. Se “sua sapienza” sta parlando di un’altra crescita delle tasse è credibile, ma se si riferisce alla crescita dell’economia ci costringe a chiedere: “ma di quale crescita sta parlando”?

La crescita è generata dall’incremento del Pil e dalla riduzione della spesa pubblica. Al primo ci pensano i privati, se li lasciano lavorare in pace, alla seconda ci devono pensare i politici beneficiari delle mance a vita.

Ecco, allora, che ritorna l’esempio della malaria: spargere DDT sulla casta politica e bonificare la terra invasa dalle acque con opere di risanamento del ristagno creato dai politicanti, non con il torchio fiscale che si abbatte come la zanzara sui buoni e sui cattivi.