Sarà sempre vero che il DNA è una caratteristica biologica permanente di ogni individuo? Potrebbe, talvolta, cambiare nel tempo, nonostante le assolute e provate smentite dei biologi? Se poi sia evoluzione o involuzione, sarebbe questione da appurare caso per caso, cioè individuo per individuo. Prendiamo l’ipotesi come una metafora.

Queste fratture biologiche si esprimono, talvolta, in ideologiche. Ma qualcosa del DNA originario resta sempre. Si immagini un soggetto che diventa ministro. Che gli accade? Di tutto! Ma qualcosa rimane. Per esempio: se è nato socialista, socialista muore. Prendiamo Mussolini come esempio: socialista lo fu fino agli anni Venti, ma anche fino in fondo, come prova il “Manifesto di Verona” del 1943. È difficile liberarsi del proprio passato! Come a dire: l’uomo è pieno di sé, cioè intriso in sé.

Spostiamoci nel tempo e pensiamo a Tremonti. Nacque socialista e socialista rimane, perché odia il capitale e ama le tasse, forse più del Prina di risorgimentale memoria. Non sarà pieno di sé e certamente non è pieno di lui (Berlusconi), anzi lo odia con la forza proporzionale e occulta di cui si nutre Bossi, il suo santo protettore.

Sicuramente non manca di autostima, al punto di non sopportare chiunque intenda dire qualcosa di diverso dal suo pensiero. L’odio non sempre represso verso Draghi, governatore di Bankitalia, è emblematico. Cattivo carattere? No! Il cattivo carattere, che poi è una virtù, è altro.

In un certo senso è molto simile al suo predecessore antagonista Vincenzo Visco, quanto meno nel’atteggiamento ombroso, sospettoso, presuntuoso, iroso. Personalmente li confondo, soprattutto quando parlano dall’alto al basso, rotolando o rantolando la “r”. Di sicuro amano le tasse con pari trasporto, però si distinguono: il primo ne inventa di nuove e mostruose (IRAP), il secondo dice che sono schifezze, ma le mantiene ben strette (sempre IRAP). Entrambi si spacciano per economisti (scienza delle finanze), ma sono avvocati, esperti (si fa per dire) di diritto tributario, che è altra cosa.

Però il Tremonti, dei due, sembra il più furbetto e ha messo sotto persino il Berlusconi, che si riteneva furbo, ma se si pensa alle sue vicende personali e ai voltafaccia sulla riduzione delle tasse, che sembra Penelope con la sua tela, non sembrerebbe poi tanto. Certo Tremonti qualche pesce in faccia ogni tanto se lo becca, ma è sempre meno duro di una statua del Duomo di Milano, che ha centrato il suo premier, di cui, però, non si ritiene second.

Il Tremonti ha capito una cosa: se vuoi aumentare le tasse cambia l’intero sistema e ai contribuenti si potrà sempre far credere di aver diminuito ciò che, invece, è aumentato.

Il Tremonti vuol riformare il sistema? Vuol consegnarsi alla storia come un riformatore? Ebbene: Ministro non lo faccia, La preghiamo in ginocchio come davanti alla Madonna, che Lei non è. Non faccia niente. Ci lasci tutte le tasse che abbiamo e che ci fanno sapere di che morte dobbiamo morire. Invece, di che morte ci farà morire Lei non sappiamo e questo ci impaura. Manteniamo le cose come sono. Le riforme lasciamole fare al Gattopardo, affinché, tutto cambiando, tutto resti come prima. Le consentiamo però una riforma, che è un ritorno all’antico: ripristiniamo il Ministero delle Finanze del tutto staccato dall’Economia. Almeno avremo un ministro a cui, finito il pasto indigesto, possiamo presentare l’addition, senza che ci tiri in ballo il debito pubblico, che, tanto, continua a crescere e il contenimento della spesa pubblica, che è incontinente. Si ricordi anche di trovare il tempo per leggere un qualche libro di Pascal Salin e di Charles Adams. Sono molto istruttivi sulla pressione fiscale. Se il Prina li avesse potuti leggere (ma era nato troppo presto) non avrebbe fatto la fine che i milanesi gli riservarono.

Per il resto siamo con Lei…soprattutto quando chiede (ma è un ordine): non toccatemi le tasse. Noi siamo più estremisti: ci tocchiamo nel posto dove sta la scaramanzia e, se proprio dobbiamo parlare, “Parliamo dell’elefante”, come suggeriva il sagace Leo Longanesi.

Amen.